Lo chiamano lavoro socialmente utile. Ma utile a chi? Quello che Minniti vorrebbe che facessero i richiedenti asilo è lavoro forzato. È questo l’unico modo per definire il lavoro gratuito che i migranti dovranno prestare agli enti locali e alle aziende private, in attesa che le commissioni si pronuncino sulla loro domanda di asilo. La disposizione, contenuta nel nuovo pacchetto immigrazione del governo Gentiloni, è pensata per l’integrazione dei migranti. Ovvio, no? Intanto, però, se non lavori gratis per un qualche padrone pubblico o privato diventi clandestino. E poi, la promessa è sempre di Minnitti, ti tocca l’espulsione passando per il Cie. Espulsioni e detenzioni saranno sempre più le minacce e i ricatti che pendono sul capo di chi non vuole accettare il lavoro forzato, come quei migranti che nelle ultime settimane sono scesi in piazza per rivendicare libertà di movimento e rompere la gabbia europea della clandestinità, eretta con le norme e le pratiche che ruotano attorno all’asilo.
Nel frattempo, coerentemente con il razzismo istituzionale delle pratiche di rinnovo del permesso per lavoro, sta per essere cancellata anche la possibilità di ricorrere in appello contro i provvedimenti che negano l’asilo. L’asilo sta diventando sempre più uno status precario e ricattabile. Bisogna “meritarselo”, ovvero essere disponibili a tutto pur di conquistarlo, soprattutto a lavorare senza salario. Ora sì che siamo un paese davvero europeo. L’esempio in materia di lavoro forzato viene infatti dalla Germania. E forse non è un caso. Se un tempo rendeva macabramente liberi, oggi in Italia il lavoro rende rifugiati. O, meglio, dà la debole speranza di non diventare clandestino.
Lavoro forzato, espulsioni, centri di detenzione, il razzismo istituzionale delle procedure per l’asilo sono parte di una gestione europea della mobilità che punta a fare dei migranti forza lavoro ricattabile e, all’occorrenza, da espellere. Per questo, anche a Bologna, non è possibile essere anti-razzisti senza passare per la porta stretta dell’Europa, non è possibile organizzare percorsi di mobilitazione e lotta con i e le migranti senza mettere in connessione le lotte contro i confini esterni ed interni dell’Europa, il razzismo istituzionale e lo sfruttamento del lavoro, migrante e non. È questa la possibilità che la “giornata senza di noi” convocata per il 20 febbraio nel Regno Unito apre a chi sta dalla parte di migranti, precarie e operai.
Sulla riapertura dei Cie e le lotte dei richiedenti asilo leggi:
Tra il Cie e il capannone. Morire di clandestinità nell’età dell’accoglienza
Lo scambio indegno. I Cie, la sicurezza e la libertà dei migranti
Vincere la paura. Rompere la gabbia europea della clandestinità