Secondo il Prefetto di Bologna, riporta la stampa, i CIE sono strutture utili, a patto che dentro ci finisca solo “chi lo merita”. Non stupisce che il Prefetto parli delle vite dei migranti in termini tecnici, volutamente asettici. In questo modo pensa di imporre il CIE nonostante la volontà contraria della città, chiaramente ribadita anche dal sindaco Merola. Di fronte all’utilità tecnica, tutto il resto è ridotto a inutile polemica politica. Invocando il merito, si può facilmente tacere del fatto che molti migranti finiscono dentro i CIE anche per colpa della discrezionalità amministrativa di Prefettura e Questura, che per anni hanno chiesto ai migranti documenti in più prima di rinnovare un permesso o rilasciare una carta di soggiorno.
D’altra parte, i CIE in questi anni hanno avuto davvero la loro utilità. Nei CIE sono stati privati della loro libertà migliaia di migranti. I CIE hanno degradato fisicamente migliaia di uomini e donne, e lanciato il messaggio pubblico che i migranti vanno bene solo finché si spaccano la schiena in silenzio, altrimenti vanno trattati da criminali. I CIE sono serviti a impedire una vera messa in discussione della legge Bossi-Fini.
Per le migliaia di migranti scesi nelle strade di Bologna sabato scorso, e per chi ha manifestato con loro, i CIE sono per questo una questione politica. Gli uomini e le donne che il primo marzo scorso (come il 23 marzo del 2013) hanno affermato che è possibile alzare la testa in massa contro lo sfruttamento e la clandestinità politica, si sono schierati chiamente contro l’esistenza dei CIE, contro la riapertura di quello di Bologna e per la chiusura di quelli ancora funzionanti. La lotta contro i CIE è la lotta contro la legge Bossi-Fini e contro i padroni, delle cooperative e non solo, che ne traggono vantaggio sfruttando il lavoro migrante. La lotta contro i CIE non è una lotta contro quattro mura cinte da filo spinato, di cui chiedersi l’utilità o meno, ma una lotta politica contro le divisioni e le gerarchie imposte dal razzismo istituzionale nei posti di lavoro, nelle scuole, nella sanità e in tutta la società.
Con questa lotta, chi pensa di poter ridurre la libertà dei migranti a una questione tecnica o di convenienza, dovrà continuare a fare i conti. Una chiusura tecnica, per ristrutturazione, può diventare un’opportunità politica.
Coordinamento Migranti