Sfamare il razzismo istituzionale, deportare migranti

È bastato un decreto, approvato lo scorso 28 marzo, per trasformare i centri albanesi da strutture di primo approdo per richiedenti asilo appena giunti in Italia in CPR (Centri per il Rimpatrio). Le strutture costruite in Albania possono così iniziare ad accogliere migranti già espulsi dal territorio nazionale, in attesa del rimpatrio.

Il temporaneo fallimento delle prime deportazioni è stato uno smacco troppo grande per il governo Meloni-Piantedosi, che, fin dal primo giorno, ha fatto del razzismo istituzionale la propria bandiera. Le immagini di ieri mostrano i primi quaranta migranti, con i polsi legati da manette, scendere da una nave militare per sbarcare sulle coste albanesi, dove verranno internati nel centro di Gjader.

Questa immagine non mira soltanto a soddisfare l’appetito razzista del governo italiano: per questi migranti, già rinchiusi nei CPR italiani, diventerà ancora più difficile far valere i pochi diritti che ancora hanno. Il governo lancia così anche un messaggio chiaro a tutte le donne e gli uomini migranti che si recano nelle questure per richiedere o rinnovare un permesso, un messaggio che dice a chiare lettere: “nessuno si senta al sicuro”. Il passo prima della deportazione infatti è lasciare la vita delle e dei migranti sospesa da permessi che arrivano sempre troppo tardi, facendo perdere loro lavoro, aumentandone la precarietà e ponendo delle condizioni impossibili da rispettare.

Le e i migranti non aspetteranno in silenzio il prossimo provvedimento riservato loro dal razzismo istituzionale, italiano o europeo che sia. Nei CPR, nelle code fuori dalle questure, nei magazzini, nei campi e nelle case, le e i migranti continuano a muoversi, organizzarsi e lottare.

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