Con la loro lotta i migranti di Ozzano hanno portato a casa … una casa. E non è poco.

Il giorno dopo l’ennesimo naufragio con decine e decine di morti, vittime della guerra che il governo italiano e l’Europa combattono quotidianamente contro donne e uomini migranti, comunichiamo che i migranti di Ozzano hanno vinto la loro battaglia. A partire da ieri, le decine di migranti che nelle scorse settimane si erano visti dare dieci giorni di tempo per lasciare il CAS di Ozzano dopo aver ricevuto il riconoscimento della protezione internazionale saranno trasferiti nelle strutture di seconda accoglienza della provincia di Bologna. È un risultato importante per i migranti che, due settimane fa, erano scesi in piazza con il Coordinamento Migranti esprimendo a gran voce il loro rifiuto verso le politiche razziste della prefettura. Prendendo parola pubblicamente nel corso di una conferenza stampa davanti a Palazzo d’Accursio, i migranti avevano affermato la loro indisponibilità a finire per strada chiamando in causa la prefettura e il comune di Bologna.

Con la loro denuncia, i migranti di Ozzano hanno aperto uno squarcio nelle pratiche di ordinario razzismo istituzionale attraverso cui si pretende di amministrare un sistema dell’accoglienza che il governo Meloni e il suo ministro dell’interno Piantedosi, con l’intenzione di soffocare l’ostinata pretesa di libertà dei migranti, continuano a impoverire e a smantellare. Fino alla presa di parola dei migranti, infatti, la prefettura di Bologna e la cooperativa che gestisce il CAS di Ozzano si erano mosse sottotraccia nel tentativo di forzare la legge per negare ai migranti quanto spettava loro. Alla fine di maggio, i migranti coinvolti, che da pochi giorni avevano ottenuto la protezione internazionale, erano stati informati dalla direzione del centro che entro dieci giorni avrebbero dovuto abbandonare la struttura pur non avendo un lavoro e senza alcuna possibilità di affittare una stanza tra prezzi da capogiro e proprietari di casa razzisti. Se si fossero rifiutati di farlo, sarebbero stati denunciati alla polizia. Tutto questo senza alcuna comunicazione scritta e senza informare il Servizio Protezioni Internazionali dell’ASP di Bologna per il passaggio alla seconda accoglienza. Soltanto la mobilitazione dei migranti ha portato il Servizio a conoscenza di una situazione che sfugge evidentemente anche al comune. Così, quando i migranti hanno alzato la voce, la prefettura si è ritrovata a dover mettere una pezza al buco aperto dalla sua stessa iniziativa. In un primo momento, subito dopo la conferenza stampa, i migranti si sono visti “concedere” dagli operatori altri dieci giorni per uscire dal centro. Poi, qualche giorno più tardi, sono stati informati dei trasferimenti nelle strutture della seconda accoglienza.

La lotta dei migranti di Ozzano ha mostrato una volta di più che la gestione dell’accoglienza non può essere ridotta ad affare amministrativo fra prefettura e servizi del comune, ma deve essere assunta come campo di battaglia contro il razzismo istituzionale che ne detta gli indirizzi. A Ozzano come al Mattei, con l’arrivo dell’estate, decine di nuovi migranti stanno cominciando ad affollare centri la cui realtà quotidiana è fatta di strutture fatiscenti, cibo scadente, contratti precari e salari da fame, lunghe e sfiancanti attese per un permesso di soggiorno. In questa situazione, c’è da aspettarsi che la prefettura e le sue cooperative torneranno presto a disporre altre espulsioni forzate. Ora però, grazie alla lotta che i migranti di Ozzano hanno portato avanti con il Coordinamento Migranti, le istituzioni sanno che i migranti continueranno a organizzarsi, forti della rinnovata consapevolezza di poter vincere contro le loro iniziative razziste.

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