I migranti fuggono dalla guerra e incontrano il razzismo. Intervista a M.

Pubblichiamo un’intervista a M., rifugiato in fuga dalla guerra in Ucraina originario della Nigeria.

M. (che ha scelto di rimanere anonimo) racconta del viaggio dall’Ucraina a Bologna passando per la Germania, un viaggio segnato dal razzismo delle forze dell’ordine, dai respingimenti violenti e dai lunghissimi giorni di attesa al confine. Con la scusa di dare la precedenza a donne e bambini, la polizia di frontiera ha respinto migliaia di migranti neri, tra cui moltissime donne, spesso con bambini o in gravidanza, e impedito loro di prendere il treno da Odessa. Il messaggio che le istituzioni italiane ed europee stanno mandando alle e ai migranti neri che scappano dalla guerra è chiaro: esistono gerarchie stabilite sulla base del colore della pelle che non possono essere contestate. Eppure, i migranti e le migranti non accettano di stare in silenzio e denuncianoil razzismo istituzionale che rende questa guerra ancora più insostenibile e violenta.

ph. Anna Liminowicz


Racconto del viaggio

Sono andato in Ucraina dalla Nigeria per giocare a calcio. Sono arrivato prima a Kiev, poi sono andato a Odessa per giocare in una quadra di lì. Avevo cominciato da poco a giocare quando il 24 febbraio è cominciata la guerra e i russi hanno cominciato ad attaccare la città. La situazione è diventata subito tesa, in molti cercavano un modo per scappare quanto prima per paura degli attacchi, alla fine anche ho deciso di andare via. È stato terribile. Sono andato alla stazione di Odessa per prendere un treno fino a Uzhorod, una città al confine con la Slovacchia.
Anche salire sul treno è stato difficile, soprattutto per noi neri e migranti africani. Si preoccupavano di far salire prima gli ucraini e i bianchi, noi eravamo decine e decine ma non ci lasciavano salire. All’inizio ci hanno detto che avrebbero dato la precedenza alle madri con le bambine, lo abbiamo accettato e abbiamo capito, ma credevamo che dopo ci avrebbero lasciati andare tranquillamente. Invece non è stato facile, per loro il problema era il colore della pelle. Abbiamo dovuto spingere e fare casino per salire sul treno.
A Užhorod è stato ancora peggio. Ci hanno bloccato al confine e abbiamo aspettato per tre giorni fermi, in strada, al freddo, senza che nessuno ci dicesse nulla o ci desse qualche informazione. Facevano passare le donne ucraine con i loro bambini e a noi dicevano soltanto: «non potete passare». Ci hanno detto: lasciamo passare solo le donne. E noi abbiamo risposto: «bene, tra di noi ci sono delle donne! Ci sono delle studentesse, ma anche donne africane con i bambini e donne incinte». Ma le hanno tenute bloccate al confine insieme a tutti gli altri e ci è stato sempre risposto di aspettare, stare fermi e stare zitti. Al terzo giorno, alle 3 di notte, alcuni ragazzi marocchini si sono incazzati per questa discriminazione, perché non farci passare? Stavamo scappando dalla stessa guerra che stava colpendo tutte e tutti! Ma la polizia di confine ci ha respinti e sono iniziati gli scontri, hanno cominciato a spruzzarci lo spray al peperoncino negli occhi. Lì ho perso il mio portafogli con il permesso di soggiorno ucraino, ma sono riuscito a passare, avevo gli occhi che ancora mi bruciavano per lo spray al peperoncino. Dall’altra parte del confine ho preso un treno per Berlino.
I tedeschi mi hanno dato un biglietto per venire in Italia. Sognavo da anni di venire in Italia, è il paese in cui avrei voluto vivere. Avevo un appuntamento per richiedere il visto nel 2020, ma poi hanno cancellato la procedura per colpa del Covid, e 6 mesi fa ho avuto la possibilità di andare in Ucraina. Quando è iniziata la guerra, una volta passato il confine ho avuto la possibilità di andare ovunque in Europa quindi ho deciso di venire qui. Sono passato dalla Repubblica Ceca, dalla Germania, dall’Austria, ma la mia idea era quella di fermarmi in Italia.


Qual è la tua situazione col permesso di soggiorno?

In Ucraina avevo un permesso di soggiorno temporaneo di un anno. Qui in Italia non ho ancora un documento. Mi hanno dato soltanto il documento sanitario per le cure mediche. Lì c’è scritto che vengo dall’Ucraina. Mi hanno dato un consulente legale, che mi ha detto che al momento l’UE vuole dare protezione solo ai cittadini ucraini o ai residenti permanenti in Ucraina, quindi non so ancora se potrò avere la protezione internazionale qui.
C’è una differenza di trattamento abissale con i cittadini ucraini. Se sei bianco ucraino è facile ottenere i documenti. Quando sono andato al centro Emergenza Ucraina in piazza XX Settembre ho detto che venivo dall’Ucraina e mi hanno chiesto di provarglielo. Ho mostrato i miei documenti, i visti, le prove che vivevo in Ucraina. Perfino il mio passaporto che ho preso all’Ambasciata nigeriana in Ucraina, e infatti c’è scritto chiaramente che il luogo di emissione è Kiev. Gliel’ho mostrato e gli ho mostrato anche il contratto di casa in Ucraina. Ma ho la pelle nera e mi hanno detto che non sono ucraino. Dopo avermi fatto riempire dei fogli, mi hanno mandato via, per poi chiamarmi il giorno dopo per dirmi che potevo tornare a registrarmi. Mi hanno trattato in modo differente perché non sono ucraino. Ma cosa vuol dire? Neri o bianchi scappiamo dalla stessa guerra, le bombe sono le stesse.


Conosci altri migranti che non hanno il passaporto ucraino ma sono fuggiti dalla guerra?

Sì, ne conosco altri che sono arrivati anche qui a Bologna. Siamo tutti nei centri di accoglienza, ma non ci sono ucraini bianchi, che invece vengono messi a vivere negli appartamenti. Ovviamente i profughi ucraini non hanno nessuna colpa, è solo il solito razzismo a cui noi africani siamo abituati. Vogliono metterci l’uno contro l’altro.

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