L’11 novembre inizierà il sesto mese di sciopero delle lavoratrici e dei lavoratori migranti di Chronopost ad Alfortville, in Francia. Da oltre cinque mesi, migranti maliani, senegalesi e guineani privi di documenti lottano per ottenere la regolarizzazione e l’assunzione da parte della “Chronopost”, l’azienda che gestisce il servizio postale pubblico. Questa lotta condotta e sostenuta dal Collectif des travailleurs sans-papiers de Vitry-sur-Seine (CTSPV), dai sindacalisti di Solidaires Val-de-Marne e sostenuta dalla federazione SUD PTT, rende chiare le responsabilità dell’azienda pubblica negli appalti. I migranti in sciopero, infatti, non sono impiegati da Chronopost, ma da un suo “partner”, Derichbourg, che utilizza un’agenzia di lavoro interinale che, di fronte alle rivendicazioni dei migranti, ha pubblicamente affermato di assumere unicamente persone “che hanno i documenti in regola” e che in realtà “sono gli stessi migranti che trafficano i documenti tra di loro”. In modo non diverso da quanto avviene in Italia e in altri Stati europei, in Francia le agenzie interinali giocano sulla precarietà dei documenti dei migranti e sulla loro ricattabilità, promettendo una regolarizzazione che non arriva mai.
Secondo la circolare ministeriale Valls, un lavoratore migrante senza documenti potrebbe infatti ottenere un permesso di soggiorno per lavoro dipendente, anche temporaneo. Si tratta però di regolarizzazioni caso per caso. I migranti devono dimostrare di essere stati in Francia per almeno 5 anni e di aver lavorato per 8 mesi negli ultimi 2 anni o 30 mesi negli ultimi 5 anni. Eccezionalmente, se vivono in Francia da almeno 3 anni, possono richiedere un permesso di soggiorno a patto di riuscire a dimostrare di aver lavorato per 24 mesi, di cui 8 negli ultimi 12 mesi. Capita spesso che, pur lavorando in condizioni di massimo sfruttamento, i migranti non arrivino mai a soddisfare le condizioni necessarie per la regolarizzazione. Infatti, lavorando part-time dalle 3/4 di mattina alle 7:30 ed essendo soggetti a un turnover costante non raggiungono mai il numero di mesi necessari per poter fare domanda. Inoltre, come ha spiegato Amadou Fofana, il portavoce dei migranti in sciopero, “anche se facciamo gli straordinari, non siamo pagati di più. E poiché non abbiamo documenti, non abbiamo altra scelta che accettare le condizioni che ci impongono”. Il ricatto del permesso per lavoro è così funzionale all’organizzazione di un sistema di sfruttamento basato su ritmi di lavoro molto veloci, trasporto di pacchi di molti chili, turni di notte, ecc. il tutto per salari che raramente raggiungono i 700 euro al mese. “Coloro che hanno i documenti” dice Fofana, “si rifiutano di farlo perché è troppo duro. Per questo non ci regolarizzano”.
Oltre ai lavoratori direttamente coinvolti di Alfortville, vi sono anche migranti irregolari provenienti dalle filiali Chronopost di Villeneuve-la-Garenne, Limeil-Brévannes e Chilly-Mazarin, alcuni dei quali pur avendo ricevuto già abbastanza buste paga per poter richiedere la regolarizzazione secondo la circolare Valls, non sono stati ancora regolarizzati. Come hanno affermato i sindacati che supportano questo sciopero, “notiamo che molte assunzioni temporanee riguardano persone che sono in Francia da meno di tre anni, e quindi non possono essere coperte da questa circolare”. Tutti i migranti in sciopero sanno molto bene che non sarà facile conquistare il permesso, ma è importante “resistere. Andremo avanti insieme per anni, se necessario. Combatteremo insieme perché siamo qui per reclamare i nostri diritti”.
Ciò che sta accadendo ai migranti di Alfortville non riguarda solo loro. Il loro sfruttamento è lo stesso che i migranti vivono in altri luoghi di lavoro. I migranti che lavorano all’Ibis o al municipio di Sèvres stanno portando avanti la stessa lotta contro lo sfruttamento del lavoro migrante e contro il legame tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro. Un legame che Macron, come ha dichiarato in questi giorni, intende rafforzare stabilendo delle quote in relazione alle esigenze produttive delle aziende francesi. Inoltre, il trattamento riservato ai migranti in Francia, la maggior parte dei quali si trovano in settori molto precari come le pulizie, l’edilizia e l’agricoltura, è del tutto simile al trattamento che l’Unione europea riserva ai migranti: salari miseri, un welfare inesigibile e condizioni di vita e lavoro durissime. L’Europa ha bisogno di migranti, ma vuole che siano silenziosi e sfruttabili. Proprio per questo non solo li sottopone al ricatto del permesso di soggiorno, ma gli impedisce una libera mobilità attraverso i confini interni dello spazio europeo perché sa che la loro libertà di movimento è libertà di rifiutare le condizioni di lavoro per conquistare un salario migliore e costruire una vita migliore. Per questo, oggi è più che mai necessario non soffermarsi sulle differenze normative tra i diversi Stati europei, poiché sono solo in apparenza un fattore determinante. Le donne e gli uomini migranti in Europa sono infatti uniti da una comune condizione di sfruttamento che poggia sul legame tra permesso e lavoro.
Per molti migranti con o senza documenti, appena arrivati in Europa o presenti da decenni, è ormai chiaro che arrivare in Europa non costituisce immediatamente una liberazione da confini e povertà. È quindi contro questo governo europeo del lavoro migrante che le lavoratrici e i lavoratori migranti in sciopero stanno lottando. Per questo motivo, una lotta dei migranti in Francia deve essere una lotta di tutte e tutti i migranti in Europa. La lotta del lavoro migrante è immediatamente una lotta transnazionale, perché razzismo istituzionale e sfruttamento sono le fondamenta di questa Europa. È allora arrivato il momento di lottare assieme, è arrivato il momento di una mobilitazione transnazionale per un permesso di soggiorno europeo e incondizionato.