Con un’operazione battezzata “Domestic Workers”, la Guardia di Finanza di Bologna ha combattuto l’evasione attaccando le lavoratrici domestiche, in gran parte migranti provenienti dall’Europa dell’est, colpevoli di non pagare le tasse sui loro redditi da lavoro. Le indagini sono cominciate all’inizio del 2019 e sono perfettamente in linea con la politica di Salvini: flat tax + razzismo. Non si indaga su padroni e padroncini. Non si cerca nel sottobosco degli appalti, dove le cooperative falliscono un giorno per ricominciare il successivo senza oneri fiscali e con salari dei “soci lavoratori” abbattuti. Non si seguono profitti fantasma nei paradisi fiscali, affitti in nero che ingrossano la rendita, né i datori di lavoro che trovano mille modi per non pagare i contributi ai loro dipendenti. Si colpiscono le colf e le cosiddette badanti. Di queste donne sappiamo solo che hanno “ingenti redditi non dichiarati” e sono di conseguenza responsabili di “indebite percezioni di prestazioni sociali agevolate, erogate a soggetti completamente sconosciuti al fisco”. A quanto pare, in Italia il lavoro domestico oggi è il modo migliore per diventare ricche. La stampa però non dice molto altro. La pregevole Guardia di Finanza e i giornalisti non si preoccupano di dare conto di contratti di lavoro spesso del tutto informali, che registrano prestazioni di poche ore settimanali mentre le lavoratrici sono obbligate a prestare servizio 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. Non si preoccupano di ricordare che queste lavoratrici, accusate di rubare il welfare, sono le stesse che suppliscono alle carenze o alla totale assenza di welfare che obbliga moltissime donne a pagare salari da fame col proprio salario per garantire la cura di figli e anziani. Non si dice che le migranti sono costrette dalla clandestinità o dal contratto di soggiorno per lavoro a dare la loro piena disponibilità alle famiglie che le impiegano e per lo stesso motivo sono esposte agli abusi di potere, allo sfruttamento, alle molestie e alla violenza sessuale dei loro padroni.
Non ci sorprendiamo che, sotto il regime Salvini, tutto questo non fosse considerato così urgente da richiedere un intervento. Sappiamo che lui, come i suoi predecessori, ha lavorato attivamente per produrre questa situazione. Ci chiediamo però che cosa cambia quando il presidente del Consiglio Conte annuncia la sua giustizia fiscale con lo slogan “pagare tutti per pagare meno”. Un’apparente equità che, come mostra questa vicenda, nasconde un razzismo istituzionale e forme di sfruttamento alimentati dall’organizzazione patriarcale del lavoro e della società e da una legge, la Bossi-Fini, che continua a pesare ferocemente sulla vita delle e dei migranti.