Nella gran parte dei casi, ci vuole più di un anno affinché un richiedente asilo venga ascoltato dalla Commissione territoriale, che deciderà se potrà restare regolarmente in Italia o verrà condannato alla clandestinità. La legge parla di 30 giorni, ma le Prefetture si trincerano dietro il numero troppo alto di domande. Sorge un dubbio, però: dato che Minniti si vanta del calo degli sbarchi e quindi delle domande di asilo, come mai i tempi sono rimasti identici? È possibile che il solerte ministro dell’Interno non abbia trasmesso un po’ della sua efficienza ai suoi “dipendenti” della Prefettura di Bologna? C’è forse la volontà politica di ostacolare la vita dei migranti, di sfinirli nelle attese interminabili, di renderli docili e ricattabili e intanto indirizzarli al lavoro gratuito e più spesso esporli al pericolo del lavoro nero? E poi, perché alcuni richiedenti asilo che vivono qui da 7-8 mesi vengono ascoltati dalle Commissioni prima di altri richiedenti che vivono qui da un anno e mezzo? Qual è il criterio che le Commissioni usano, a parte quello di dividere i migranti?
Domande che urtano contro la realtà di un’attesa infinita in cui in mano hai dei documenti con cui non puoi fare niente: lavorare in regola e con un salario, aprire un conto in banca – necessario per poter lavorare ed essere pagati – o anche semplicemente accedere alle cure del sistema sanitario nazionale e non solo al primo soccorso. E in quell’attesa essere pure additato come la causa di tutti i mali dell’Italia, perfino del razzismo che impugna una pistola e spara contro chi ha il tuo stesso colore della pelle.
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