di TRANSNATIONAL MIGRANTS COORDINATION
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Il diritto d’asilo è da tempo sotto attacco e i decreti flussi – che autorizzano l’ingresso temporaneo in Europa per determinate quote di forza lavoro migrante – sembrano essere sempre più l’unico modo per evitare i confini militarizzati, i barconi fatiscenti nel Mediterraneo e il gelo, che minaccia la sopravvivenza sulle montagne e nelle foreste. Se da un lato la presa del potere da parte dei combattenti di Hayat Tahrir al-Sham in Siria e il rovesciamento del brutale regime dittatoriale di Assad evidenziano la fragilità del diritto d’asilo, dall’altro ci costringono a ripensare le nostre lotte alla luce del nuovo scenario. I festeggiamenti dei rifugiati siriani, fuggiti in massa dalla guerra civile dal 2015, sono stati improvvisamente interrotti dal tentativo immediato da parte dell’Europa di scaricare su di loro i costi dell’instabilità politica e delle guerre in Medio Oriente. Molti Stati europei – tra cui Francia, Germania, Austria e Italia – hanno infatti annunciato la volontà di sospendere le pratiche per il riconoscimento d’asilo ai cittadini siriani.
La Bulgaria ha già sospeso l’accordo che prevedeva l’accoglimento di quote di rifugiati siriani. L’Austria ha persino dichiarato di star progettando un “programma di rimpatrio ed espulsione” per i siriani che hanno già ottenuto l’asilo, in particolare per coloro che hanno commesso reati e, in seconda istanza, per quelli considerati un peso per il welfare.
Sappiamo che molti migranti siriani sono in possesso di permessi di soggiorno che non possono essere revocati, e sappiamo che molti di loro svolgono lavori essenziali nei Paesi ospitanti. Per i governi come quello tedesco (soprattutto dopo gli attacchi terroristici di Solingen e Magdeburgo), tutto ciò appare come un’operazione di propaganda politica, volta a spaventare i migranti e a strizzare l’occhio all’elettorato razzista. Tuttavia, le restrizioni al diritto d’asilo da parte dell’UE costituiscono una questione reale di lunga data. Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e l’escalation dei conflitti globali – tra cui il genocidio in Palestina e le guerre in Libano, Yemen e Siria – il rischio di un aumento esponenziale dei richiedenti in cerca di libertà e sicurezza è stato affrontato in Europa attraverso accordi restrittivi, per filtrarne l’accesso e limitarne il diritto d’asilo.
Per questa ragione, non sorprende che la Commissione europea abbia approvato il controverso piano della Polonia, volto a introdurre una sospensione del diritto di asilo e l’attuazione di brutali politiche razziste, usando come pretesto i flussi migratori canalizzati dalla Russia e dalla Bielorussia contro i suoi confini orientali. Tale endorsement si estende a tutti gli Stati membri che si trovino ad affrontare una situazione simile, come la Finlandia, dov’è stata introdotta una legge emergenziale che consente alla polizia di frontiera di respingere i migranti senza averne prima esaminato le domande di asilo. Così, mentre l’Europa conduce una guerra sempre più spietata contro i migranti, questi vengono reclutati negli eserciti in guerra con la promessa di ottenere la cittadinanza, come in Israele e in Russia, o sono i primi a essere abbandonati senza riparo sotto le bombe, come è accaduto agli operatori sanitari siriani e africani in Libano.
Nell’aprile del 2024 è stato approvato il Patto europeo sulla migrazione e l’asilo, che prevede centri di detenzione per migranti, meccanismi di screening avanzati, respingimenti e deportazioni rapide per riconsegnarli nelle mani di dittatori e torturatori. Il Patto rappresenta una reazione politica ai migranti che, su larga scala, hanno beneficiato dell’asilo come mezzo per aggirare le restrizioni alla libertà di movimento e per ottenere i documenti necessari per restare in Europa e ricostruirsi una vita. I governi nazionali e le istituzioni europee hanno finora risposto alla loro pretesa di libertà con politiche di deportazioni programmate e di stragi in mare.
In Paesi come la Grecia, persino i sopravvissuti al naufragio di Pylos – dove un peschereccio che trasportava circa 650 persone è affondato, lasciando solo 104 superstiti – si sono visti rifiutare l’asilo. L’Italia ha tentato di creare centri di detenzione per richiedenti asilo in Albania, dove, secondo il decreto Cutro approvato lo scorso anno, i migranti provenienti da Paesi sicuri possono essere detenuti e sottoposti a procedure accelerate, per velocizzarne i respingimenti. Sebbene il suo obiettivo primario rimanga quello di istillare paura tra i migranti e lanciare un chiaro messaggio razzista a tutti quanti, se questo modello non ha avuto successo è solo grazie ai limiti pratici e legali che ne hanno ostacolato l’applicazione. Tuttavia, sta guadagnando sempre più sostegno da parte dei leader europei. Dopo aver presentato il nuovo Border Security Bill, che affronta la migrazione come una questione di antiterrorismo, il primo ministro britannico Starmer ha espresso interesse per il modello italiano. In Germania, mentre Scholz ha già firmato accordi con la Somalia per rimpatriare i migranti irregolari, aumentano le espulsioni verso Paesi come Croazia, Bulgaria, Bosnia, Nigeria, Gambia e Iraq. L’attuale crisi politica tedesca potrebbe peggiorare la situazione, in quanto l’AfD mira ad attuare un programma di deportazioni di massa, mentre CDU e CSU hanno già annunciato un’accelerazione dei rimpatri dei migranti irregolari. Nel frattempo, la Danimarca ha intensificato i controlli alle frontiere e la Svezia ha aumentato i fondi per i rimpatri.
In seguito alla virata a destra della politica europea, gli Stati cercano di affrontare il diffuso malcontento derivante dalle misure di austerity, dalla contrazione della spesa pubblica e dalle crescenti spese militari, esacerbando le gerarchie sociali interne e mostrando in questo modo all’autoctono bianco che c’è qualcuno – il migrante – che sta peggio. Contemporaneamente, la fame di manodopera migrante spinge gli stessi Stati ad aprire selettivamente e temporaneamente le frontiere per quote definite di lavoro migrante. Come Transnational Migrants Coordination, abbiamo denunciato le limitazioni al diritto d’asilo, utilizzate dagli Stati per stabilire differenze e gerarchie tra i migranti. Allo stesso tempo, ci opponiamo ai continui attacchi a tale diritto, che mirano a peggiorare le condizioni di vita e di lavoro dei migranti, a limitarne la mobilità e, soprattutto, ad applicare politiche di deterrenza in tutti gli Stati membri dell’UE. Non accettiamo la regolarizzazione dello sfruttamento quale unico percorso legale per entrare in Europa, né il peso che questa guerra globale impone a uomini e donne migranti. Siamo al fianco di siriani, curdi e palestinesi che sono fuggiti da bombe, torture, prigioni e violenze genocide, e di ucraini e russi che disertano gli eserciti. Siamo al fianco di coloro che continuano ad attraversare il Mediterraneo, l’Oceano Atlantico, i Balcani, l’America centrale e meridionale e l’Europa orientale per cercare una vita migliore. Siamo al fianco dei migranti che, attraverso il loro movimento fra le frontiere, sfidano la guerra e i blocchi imposti dai fronti, così come le politiche europee nazionaliste e securitarie. Siamo al fianco dei migranti che lottano contro lo sfruttamento e la minaccia di deportazione.
Indipendentemente dall’inasprimento del regime di frontiera europeo, i migranti continueranno a muoversi e a sfidarlo. Ciò nonostante, ora più che mai dobbiamo alzare la voce e unire le nostre lotte, per la libertà di movimento e la libertà dalle guerre e dal razzismo europeo.
Se volete unirvi alla lotta avviata dal Transnational Migrants Coordination, seguiteci sui social per sapere quando si terrà la nostra prossima assemblea online!