Di razzismo si muore perché i padroni vivono di sfruttamento

A Soni Singh, la moglie di Satnam, è stato concesso il permesso di soggiorno speciale per motivi di giustizia.
Lavorava anche lei da due anni per la stessa azienda dove è morto il marito dopo aver perso un braccio, senza contratto, pagato una miseria, in condizioni disumane, come altre migliaia di migranti in tutta Italia. Di razzismo si muore e nel razzismo si vive, così come ci viveva Satnam. Un razzismo che ora si nasconde dietro ad un permesso concesso alla moglie per ragioni di giustizia: dov’era la giustizia quando andavano a cercare lavoro dai caporali? Dov’era la giustizia quando doveva aspettare mesi un permesso di soggiorno per cui tanto avrebbe avuto un diniego quasi certo? Dove è ora la giustizia in un sistema che vuole donne e uomini migranti sfruttabili e silenziosi a causa di una legge come la Bossi-Fini?
Questa “giustizia” necrofila non serve a niente e non ci interessa, la giustizia per i migranti arriverà solo quando non saranno più sfruttati il doppio per avere un pezzo di carta, per avere un permesso di Stato; solo quando smetteranno di essere pagati per due ore di lavoro pur facendone decine al giorno; tutto il resto è inutile e non migliorerà nulla, rimane un risarcimento razzista per un morto ammazzato di razzismo.
Di certo al caporalato non si pone fine dicendo che è brutto e cattivo: il problema è strutturale e legato a un razzismo istituzionale che di Satnam Singh ne produce a migliaia e che va oltre ai campi di pomodori e alle aziende agricole. Questa notte è morto anche Bocar Diallo, operaio senegalese rimasto ustionato durante l’esplosione avvenuta all’Alluminium di Bolzano.
I Satnam Singh, i Bocar Diallo, sono ovunque ci siano padroni che approfittano della legge Bossi-Fini che lega il permesso di soggiorno al contratto di lavoro, dai cantieri ai grandi magazzini fino alle case degli anziani. Lo diciamo da anni che la Bossi-Fini deve essere abolita. Ieri, alla manifestazione organizzata a Latina lo ha detto addirittura la segretaria del Partito Democratico. Una volta tanto, finalmente, si parla di migranti, di donne e uomini che non sono solo vittime o numeri di sbarchi. Non ci bastano i contentini, mentre altre migliaia di donne sono costrette a clandestinità e sfruttamento. Noi non vogliamo premi una tantum, non vogliamo sanatorie soltanto quando c’è carenza di lavoratori e lavoratrici. Rifiutiamo gli impossibili requisiti economici e istituzionali necessari per ottenere e rinnovare i permessi di soggiorno.
Noi vogliamo un permesso di soggiorno incondizionato, slegato da famiglia, lavoro e reddito, lo vogliamo per girare liberamente in tutta Europa, per essere libere e liberi dallo sfruttamento, in casa e sul lavoro, per poter alzare la testa senza paura di dire no.

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