La dismissione dell’accoglienza. I migranti tra Piantadosi e i Comuni

 

Le politiche razziste del governo Meloni, la strategia dei “porti lontani”, gli accordi con la Tunisia non fermano il movimento di massa dei e delle migranti. Rispetto all’anno scorso, i numeri degli arrivi sono ulteriormente aumentati e negli ultimi mesi in decine di migliaia hanno affrontato la violenza dei viaggi e i pericoli del mare con lo scopo di arrivare in Europa e di restarci. La reazione del governo alla loro pretesa di libertà non si è fatta attendere: a colpi di ordinanze, il ministro Piantedosi e i prefetti hanno iniziato il definitivo smantellamento di quel sistema di accoglienza che, almeno a partire dalle Leggi Salvini, era stato già ridotto in pezzi negli ultimi anni. Dopo aver incentivato il sovraffollamento dei CAS con il decreto Cutro, stabilendo che soltanto i titolari di protezione possono accedere ad altre forme di accoglienza, il ministro si impegna adesso a svuotarli con la forza per far spazio a nuovi arrivati. D’ora in poi tutti i migranti che, a giudizio dei prefetti, non sono nelle condizioni di ricevere l’accoglienza, vengono espulsi e sbattuti in strada. Anche stavolta la prefettura di Bologna, che già aveva inaugurato questa pratica in pieno inverno, si è messa subito all’opera per competere per il primato nazionale in razzismo istituzionale. Approfittando del caldo estivo, ha fatto arrivare centinaia di espulsioni a migranti ancora in attesa dell’esito del ricorso.

La situazione è diventata talmente insostenibile che addirittura i comuni hanno cominciato ad alzare la voce contro il governo. A guidare la crociata c’è – sorpresa! – proprio il Comune di Bologna, che si lamenta di accogliere sul territorio più migranti di quanti ne accolga la Prefettura. In nome di una “migliore pianificazione”, l’assessore Rizzo Nervo ha chiesto a gran voce che sia risolto il problema degli arrivi di migranti in città, dove, a quanto pare, non ci sono più posti in accoglienza. Noi ci rallegriamo che, dopo il silenzio sui provvedimenti della prefettura degli scorsi mesi, al Comune si siano finalmente accorti che a gestire le migrazioni c’è un governo violento e razzista che odia i migranti e che sta rendendo la loro vita impossibile. Ma contro queste politiche razziste i migranti di Bologna hanno fatto sentire la loro voce con presidi e manifestazioni, hanno denunciato ininterrottamente le condizioni sempre peggiori dell’accoglienza, le multe e le espulsioni da centri talmente affollati da richiedere le tende. Hanno protestato tra il silenzio assordante delle istituzioni cittadine, che si sono girate dall’altra parte e si svegliano adesso che il problema tocca direttamente le casse comunali. Eppure, è un razzismo istituzionale che arriva da lontano ad aver prodotto questa situazione.

D’altra parte, l’unica cosa ottenuta con questo braccio di ferro, per ora, è aver dirottato qualche centinaio di migranti altrove, e un misero aggiornamento dei criteri per la distribuzione sul territorio nazionale. D’ora in poi, i migranti e le migranti che sono così fortunati da accedere a quel che rimane dell’accoglienza, non è detto che saranno altrettanto fortunati da arrivare in un posto con la possibilità di farsi una vita e guadagnarsi qualche soldo. I nuovi criteri per la distribuzione regionale dei migranti considerano anche l’estensione territoriale e la densità abitativa. Nelle grandi città e intorno ai grandi indotti ce ne sono così tanti, pronti da sfruttare, che i nuovi possono finire lontani dai grandi centri urbani, dove con la loro presenza smentiscono quotidianamente le retoriche elettorali e demagogiche della destra al governo.

Insomma, gli arrivi in massa dei migranti e la loro pretesa di libertà, in barba alla voce grossa di questo governo, stanno turbando i sogni di chi vorrebbe che fossero dei pacchi postali. L’uso dell’asilo per rimanere in Italia e farsi una vita diventa sempre più intollerabile per un governo che promette di pianificare centralmente accoglienze, ingressi ed espulsioni, mentre taglia risorse ovunque sia possibile. Intanto, a pagare le conseguenze dei continui rimbalzi di responsabilità tra istituzioni sono gli uomini e le donne che scelgono di migrare anche sfidando la violenza inaudita della destra al potere. Sono loro che finiscono a vivere in centri sempre più affollati o nelle tende; sono loro che finiscono in strada anche se non sono nelle condizioni di trovare una sistemazione alternativa, oppure in posti dove è impossibile costruirsi una vita perché così hanno deciso arbitrariamente il prefetto o il Comune.

Sembra un semplice problema logistico quello che è esploso negli ultimi giorni, eppure c’è molto di più: c’è lo scontro tra chi lotta per la libertà dei migranti, contro il razzismo istituzionale di ogni colore e di ogni bandiera, e chi riduce la vita e il futuro dei migranti ad un problema di risorse e distribuzione, da risolvere con qualche stratagemma e con criteri di pianificazione.

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