Mentre sulle coste greche il Mediterraneo continua a restituire all’Europa la conseguenza inevitabile delle sue mortifere politiche sull’immigrazione, anche in Italia la guerra contro donne e uomini migranti non accenna a fermarsi. È una guerra che già da mesi ha varcato i cancelli del CAS di via Enrico Mattei, dove i migranti sono costretti a condizioni di vita sempre più precarie, tra sistemazioni di fortuna, pasti negati e attese bibliche per il pocket money. Ora sono arrivati anche i trasferimenti: finalmente una buona notizia, si potrebbe pensare, visto l’insostenibile sovraffollamento del centro che i migranti stipati in tenda e in camerate strapiene denunciano da tempo. Se non fosse che le decine di persone a cui è stato ordinato di fare le valigie (e lo stesso destino attende le ulteriori decine in attesa di trasferimento) sono state ricollocate a Vergato, nel bel mezzo dell’Appennino bolognese. Lontane dagli occhi dei turisti che affollano le vie del centro città, ma anche e soprattutto isolate dalle altre e dagli altri migranti già presenti sul territorio, impossibilitate ad accedere in autonomia agli uffici dove le loro pratiche restano a prendere polvere, costrette a percorrere distanze chilometriche per cercare quei lavori sfruttati o per frequentare quei costosi corsi di lingua che, in sede di commissione territoriale, ne misureranno il grado di integrazione.
I migranti, però, non hanno alcuna intenzione di smettere di organizzarsi e di protestare contro tutto questo. Anche se le politiche dell’accoglienza e dello sfruttamento fanno di tutto per ridurli al silenzio, per renderli invisibili e per costringerli all’isolamento, noi continueremo a lottare contro queste condizioni e contro il razzismo istituzionale che le produce.
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