Dall’ultimo incontro di gennaio, dopo mesi di mancate risposte, lo scorso venerdì una delegazione del Coordinamento Migranti ha incontrato la vicesindaca Clancy e l’assessore Rizzo Nervo. In questi mesi l’ostinazione con cui donne e uomini migranti di questa città hanno continuato a scendere in piazza, a manifestare e organizzarsi nonostante il silenzio e l’indifferenza delle istituzioni e dell’informazione cittadina ha tenuto aperto un canale per portare rivendicazioni al Comune di Bologna che sembrava essersi chiuso. Questo è il dato politico importante per migranti e richiedenti asilo, per coloro che vivono al Mattei, per quelli che dai centri sono stati cacciati con richiesta di rimborso, per le e i migranti che mandano avanti l’Interporto, per le profughe ucraine che sono fuggite dalla guerra.
L’incontro non ha dato risposte positive su tutte le rivendicazioni. Ancora molto resta da fare sulle strade dell’Interporto che rimangono per lunghi tratti non illuminate e non vedono passare autobus dopo le sei di sera. Vicesindaca e assessore ammettono poi gli enormi ritardi per carenza personale su notifiche della cittadinanza e organizzazione del giuramento, ritardi che impediscono il suo ottenimento effettivo. Bene che il Consiglio comunale si faccia interprete di questa rivendicazione richiamando con un ODG la giunta a farsene carico, ma i ritardi sono tali che l’amministrazione deve agire subito.
Su altre rivendicazioni l’incontro con il comune segna invece alcuni impegni e cambiamenti nel modo in cui l’amministrazione intende verificare e risolvere pratiche discriminatorie e gestire servizi per evitare che incidano negativamente sulla vita dei e delle migranti, nonostante le norme di legge che ostacolano ottenimento e rinnovo del permesso di soggiorno. In questo senso giudichiamo positivamente l’impegno dell’amministrazione a porre la questione della certificazione dell’alloggio sulla base delle mappe catastali all’attenzione dell’ANCI e della conferenza Stato-città affinché il governo possa cancellare una normativa che impedisce a molti e molte di ottenere l’idoneità abitativa e poter così ottenere il permesso di lungo periodo o il ricongiungimento familiare. Allo stesso modo prendiamo atto della verifica compiuta su alcune pratiche discriminatorie relative alla residenza: se non vi sono indicazioni e consuetudini amministrative che discriminano i e le migranti, bisognerà vigilare perché nessun ufficio e nessun impiegato, con zelo burocratico e razzista, richieda ai migranti di essere accompagnati dai proprietari delle case per la residenza e che non si proceda alla cancellazione immediata della residenza in caso di irreperibilità. Molto importante è l’impegno assunto sulla tessera sanitaria: dopo un confronto con l’azienda sanitaria, l’assessore Rizzo Nervo ha affermato che le discriminatorie consuetudini amministrative su durata e rinnovo della tessera sanitaria che i e le migranti hanno denunciato saranno affrontate e risolte insieme all’AUSL da settembre. Importante è anche che sia confermata la volontà di chiudere il Mattei e trasferire i migranti in case disponibili con il progetto SAI. Pur sapendo che i tempi dipendono dalle decisioni della Prefettura che continua a ritenere necessaria la presenza di un hub regionale come il Mattei, l’impegno assunto è quello di proporre alla Prefettura di iniziare i trasferimenti a cominciare dai richiedenti che sono stati ospitati più a lungo in un centro inadeguato e sovraffollato.
Infine, la vicesindaca e l’assessore si sono impegnati a verificare e risolvere immediatamente alcune questioni recentemente emerse relative alla residenza delle profughe ucraine. Alcuni uffici dell’anagrafe sostengono infatti di non poter avviare la pratica di richiesta di residenza per le migranti ucraine che non hanno ancora il permesso di soggiorno elettronico (PSE) e sono in possesso soltanto della ricevuta (il “cedolino”). Non solo questa situazione è determinata dai ritardi di Prefettura e Questura, ma il comportamento degli uffici dell’anagrafe è arbitrario. L’anagrafe richiede inoltre alle madri ucraine con figli minori i dati, i contatti e gli indirizzi di residenza dei padri, che non sempre le madri riescono a reperire. In caso di divorzio viene richiesto il documento che lo attesta e che la maggior parte delle madri non ha portato con sé scappando dalla guerra.
Queste sono le priorità che l’amministrazione comunale è chiamata ad affrontare in tempi rapidi e certi. Queste sono le rivendicazioni che le donne e gli uomini migranti pretendono che siano realizzate al più presto e per le quali continueranno a lottare, manifestare e organizzarsi perché solo la loro ostinazione spingerà le istituzioni a muoversi, e anche in fretta.