di TMC (TRANSNATIONAL MIGRANTS COORDINATION)
Condividiamo questo testo del Transnational Migrants Coordination perchè come Coordinamento Migranti saremo in piazza il 2 luglio per fare sentire la nostra voce anche contro le condizioni che hanno prodotto la terribile strage di migranti avvenuta a Melilla, un’ennesima prova del fatto che solo la violenza più brutale dei confini e delle guardie di frontiera può fermare la pretesa delle e dei migranti di avere una vita migliore. Il 2 luglio faremo sentire la nostra voce non solo per rivendicare la libertà di movimento attraverso ogni confine, ma per combattere anche i confini interni continuamente stabiliti dall’Unione Europea e dei suoi stati, che pretendono di imporre divisioni e gerarchie sfacciatamente basate sul colore della pelle, e di stabilire chi è “meritevole” di accoglienza e chi invece merita di essere respinto, torturato e ucciso. Questo razzismo è ben visibile anche in Italia, dove c’è chi viene accolto in appartamenti e chi invece viene lasciato anni rinchiuso in CPR. Dove alcuni migranti vengono cacciati da Centri di Accoglienza Straordinari e ricattati a pagare rimborsi da decine di migliaia di euro semplicemente per aver guadagnato più di 5.900 euro in un anno, e allo stesso tempo ai titolari di protezione temporanea non viene imposto alcun limite di reddito.
Quattro giorni fa a Melilla 37 migranti, fra i 500 che cercavano di entrare nell’enclave spagnola, sono morti, agonizzanti impilati uno sull’altro e vigilati da un cordone di gendarmi marocchini in assetto antisommossa, ai piedi di una recinzione che ambiva a impedire loro l’accesso all’Europa. Sono trascorsi meno di due anni da quando una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha dichiarato legittimi i respingimenti dei migranti praticati dal governo spagnolo a Melilla. Quella sentenza non è che una conferma del fatto che la strage avvenuta venerdì rientra nel quadro del legale e violento governo della mobilità praticato dall’Unione Europea sui propri confini. Per un’ UE che da anni esternalizza il controllo delle frontiere, assolda sicari e secondini, che stringe accordi con paesi come la Turchia e il Marocco e costruisce città-fortezze come Ceuta e Melilla, una strage come quella di venerdì rientra nel campo dell’ordinaria amministrazione. Non sorprendono, in questo senso, le dichiarazioni del leader socialista, Pedro Sanchez, che si è premurato di ringraziare i gendarmi marocchini per la riuscita delle operazioni di respingimento di quello che ha definito un tentativo organizzato di assalto violento alle frontiere dello Stato, organizzato «dalle mafie che gestiscono la tratta di esseri umani». Lo stesso presidente si è dichiarato pronto, un mese fa, a stringere un accordo con gli Stati Uniti per accogliere rifugiati dall’America Latina perché il paese ha bisogno di lavoratori, soprattutto nel settore dell’edilizia, per non perdere i fondi offerti dall’Unione Europea dopo la crisi economica provocata dalla pandemia di Covid. Respingimenti, morte e sfruttamento sono, in fondo, facce diverse di uno stesso regime europeo delle migrazioni.
Negli ultimi mesi, in seguito all’invasione russa dell’Ucraina, i governi occidentali del mondo si sono sprecati in appelli di solidarietà alle profughe della guerra, al punto che alcuni paesi hanno deciso di devolvere un budget apposito per i migranti in arrivo da Kiev. Oggi quegli stessi governi si preparano a siglare un nuovo accordo dell’UE sulla ricollocazione dei migranti che prevede un’ulteriore militarizzazione dei confini e politiche migratorie più severe e volte a produrre manodopera a basso costo e altamente ricattabile. È il razzismo istituzionale dell’Unione Europea che distingue continuamente tra migranti “adatti” a essere accolti, per essere sfruttati nei settori essenziali, e migranti che invece devono essere lasciati morire sotto il sole del deserto, respinti violentemente con manganelli o ammazzati lungo i confini.
Le immagini e i video di Melilla mostrano la violenza del razzismo nella sua faccia più brutale, ma mostrano anche la forza e la determinazione di un movimento di donne e uomini migranti, che rifiutano l’«ordinaria amministrazione» europea e che violano ostinatamente i confini per una vita migliore. Questo rifiuto collettivo, questa forza di libertà è l’altra faccia della violenza sui confini dell’Europa e degli Stati Uniti, dove solo pochi giorni fa 46 migranti sono stati trovati morti asfissiati nel tir che li trasportava in Texas, vicino al confine messicano. Martedì 1 luglio a Madrid ci sarà una seconda grande manifestazione per dire basta alle morti lungo i confini, basta alla violenza razzista che legittima stragi e fosse comuni come quelle di Melilla. Come TMC siamo dalla parte di tutti coloro che lottano contro il regime dei confini in Europa e in altri paesi, contro lo sfruttamento, la violenza razzista dentro e fuori le frontiere. Per questo come TMC rivendichiamo un permesso di soggiorno illimitato e senza condizioni che ci renda liberi di entrare in Europea e di muoverci liberamente al suo interno alla ricerca di una vita migliore.
____________________________________________
Il y a quatre jours, à Melilla, 37 migrants sont morts, parmi les 500 qui tentaient d’entrer dans l’enclave espagnole, atrocement empilés les uns sur les autres et gardés par un cordon de gendarmes marocains en tenue anti-émeute, au pied d’une barrière qui visait à les empêcher d’entrer en Europe. Moins de deux ans se sont écoulés depuis qu’un arrêt de la Cour Européenne des Droits de l’Homme de Strasbourg a déclaré légitime le refoulement de migrants vers Melilla par le gouvernement espagnol. Ce jugement n’est que la confirmation que le massacre qui a eu lieu vendredi fait partie du gouvernement légal et violent de la mobilité pratiqué par l’Union européenne à ses frontières. Pour une UE qui, depuis des années, externalise le contrôle des frontières, engage des tueurs à gages et des gardes, conclut des accords avec des pays comme la Turquie et le Maroc et construit des villes-forteresses comme Ceuta et Melilla, un massacre comme celui de vendredi relève de l’administration ordinaire. En ce sens, les déclarations du leader socialiste Pedro Sanchez, qui a pris soin de remercier les gendarmes marocains pour les opérations de repoussement réussies de ce qu’il a appelé une tentative organisée d’assaut violent aux frontières de l’État, organisée «par les mafias qui gèrent le trafic d’êtres humains», ne sont pas surprenantes. Le président lui-même s’est déclaré prêt, il y a un mois, à conclure un accord avec les États-Unis pour accueillir des réfugiés d’Amérique latine car le pays a besoin de travailleurs, notamment dans le secteur de la construction, pour ne pas perdre les fonds offerts par l’Union européenne après la crise économique provoquée par la pandémie de Covid. Le refoulement, la mort et l’exploitation sont, après tout, les différents visages du même régime migratoire européen.
Ces derniers mois, à la suite de l’invasion de l’Ukraine par la Russie, les gouvernements occidentaux ont multiplié les appels à la solidarité avec les réfugiés de guerre, au point que certains pays ont décidé de réserver un budget spécial pour les migrants arrivant de Kiev. Aujourd’hui, ces mêmes gouvernements s’apprêtent à signer un nouvel accord européen sur la relocalisation des migrants qui prévoit une militarisation accrue des frontières et des politiques migratoires plus strictes visant à produire une main-d’œuvre à bon marché et soumise à un fort chantage. C’est le racisme institutionnel de l’UE qui fait constamment la distinction entre les migrants qui sont «aptes» à être accueillis, à être exploités dans des secteurs essentiels, et les migrants qui devraient plutôt être laissés mourir sous le soleil du désert, repoussés violemment à coups de matraque ou assassinés le long des frontières.
Les images et les vidéos de Melilla montrent la violence du racisme dans son visage le plus brutal, mais elles montrent aussi la force et la détermination d’un mouvement de femmes et d’hommes migrants, qui rejettent le «business as usual» européen et s’obstinent à violer les frontières pour obtenir une vie meilleure. Ce refus collectif, cette force de liberté, est l’autre face de la violence frontalière en Europe et aux Etats-Unis, où il y a seulement quelques jours 46 migrants ont été retrouvés asphyxiés dans le camion qui les transportait au Texas, près de la frontière mexicaine. Le mardi 1er juillet, une deuxième grande manifestation aura lieu à Madrid pour dire qu’il y en a assez des morts le long des frontières, assez de la violence raciste qui légitime les massacres et les charniers comme celui de Melilla. En tant que CTM, nous sommes aux côtés de tous ceux qui luttent contre le régime des frontières en Europe et dans d’autres pays, contre l’exploitation, la violence raciste à l’intérieur et à l’extérieur des frontières. C’est pourquoi, en tant que CTM, nous revendiquons un titre de séjour illimité et inconditionnel qui nous rende libres d’entrer en Europe et de nous y déplacer librement à la recherche d’une vie meilleure.
___________________________________________
Four days ago in Melilla, 37 migrants, among the 500 trying to enter the Spanish enclave, died, agonizingly stacked one on top of the other and guarded by a cordon of Moroccan gendarmes in riot gear, at the foot of a fence that aimed to prevent them from entering Europe. Less than two years have passed since a ruling by the European Court of Human Rights in Strasbourg has declared the Spanish government’s refoulement of migrants in Melilla as legitimate. That ruling is but a confirmation that the massacre that took place on Friday is part of the legal and violent government of mobility practised by the European Union on its borders. For an EU that for years has been outsourcing border control, hiring hit men and guards, making agreements with countries like Turkey and Morocco and building fortress-cities like Ceuta and Melilla, a massacre like the one which took place on Friday falls within the realm of ordinary administration. In this sense, the declarations of the socialist leader, Pedro Sanchez, who worried about thanking the Moroccan gendarmes for the successful repulsion operations of what he called an organised attempt at a violent assault on the borders of the State, organised «by the mafias that run human trafficking», are not surprising. The president himself declared to be ready, a month ago, to enter into an agreement with the United States to receive refugees from Latin America because the country needs workers, especially in the construction sector, in order not to lose the funds offered by the European Union after the economic crisis caused by the Covid pandemic. Refoulement, death and exploitation are, after all, different faces of the same European migration regime.
In recent months, following Russia’s invasion of Ukraine, the world’s Western governments have boasted about appeals of solidarity with the war refugees, to the point that some countries have decided to set aside a special budget for migrants arriving from Kiev. Today, those same governments are preparing to sign a new EU agreement on the relocation of migrants that envisages further militarisation of borders and stricter migration policies to t produce cheap and highly blackmailable labour. It is the institutional racism of the EU that continually distinguishes between migrants who are enough «fit» to be taken in, to be exploited in essential sectors, and migrants who are instead to be left to die in the desert sun, violently pushed back with truncheons, or murdered along the borders.
The images and videos from Melilla show the violence of racism in its most brutal face, but they also show the strength and determination of a movement of migrant women and men, who reject European «business as usual» and stubbornly violate borders for a better life. This collective refusal, this force for freedom, is the other side of the border violence in Europe and the United States, where only a few days ago 46 migrants were found asphyxiated in the truck transporting them to Texas, near the Mexican border. On Tuesday 1 July in Madrid, there will be a second big demonstration to say enough to the deaths along the borders, enough to the racist violence that legitimizes massacres and mass graves like the one in Melilla. As TMC we are on the side of all those who fight against the border regime in Europe and other countries, against exploitation, and racist violence inside and outside the borders. That is why as TMC we claim an unlimited and unconditional residence permit that makes us free to enter Europe and move freely within it in search of a better life.