Dopo anni passati ad aspettare dentro al Mattei, nei mesi scorsi molti dei migranti hanno lottato per la chiusura del centro. Grazie a quella lotta hanno finalmente avuto una risposta positiva alla loro richiesta di asilo e ottenuto un permesso di soggiorno di 2 o 5 anni. È una vittoria delle centinaia di uomini e donne – migranti e non – che hanno bloccato l’hub, con la marcia del Primo Maggio transnazionale, con le manifestazioni e i presidi con cui hanno portato le loro rivendicazioni al centro della città. È una vittoria che dimostra che, se volessero, Questura, Prefettura e tribunali potrebbero concedere i permessi di soggiorno velocemente. È una vittoria che dà ragione ai migranti e alle migranti che hanno sempre denunciato che i ritardi burocratici nella consegna e nei rinnovi dei permessi, i dinieghi e le interminabili attese per le Commissioni, rispondono a precise scelte politiche. È una vittoria che dimostra come con l’unione e la determinazione i migranti e le migranti sono forti, possono vincere e costringere le istituzioni ad ascoltarli.
Questo però non ci basta. Il problema Mattei non è risolto, anche se molti dei migranti ospitati nel centro per anni hanno ottenuto un permesso di soggiorno. Altri, esasperati dalle lunghe attese per la risposta della Commissione territoriale, hanno fatto domanda per la regolarizzazione e stanno ricevendo solo adesso dei permessi di soggiorno di breve periodo, dopo aver lavorato più di un anno per il padrone dal quale dipendevano le loro pratiche. Per i migranti del Mattei la regolarizzazione truffa è anche una beffa: non solo fra sei mesi devono richiedere il rinnovo del permesso rischiando di diventare “clandestini” se perdono il lavoro o non raggiungo un reddito sufficiente ma, una volta ottenuta la regolarizzazione, da un giorno all’altro possono essere anche espulsi dall’accoglienza senza avere un posto dove andare. Chi è ancora in attesa della Commissione rischia invece di essere espulso dall’accoglienza perché il suo reddito annuo supera i 6 mila euro. È inaccettabile che Prefettura e Questura mettano in strada chi ogni giorno è costretto allo sfruttamento, per salari miseri, con turni massacranti nel lavoro di cura, nelle cucine, nei negozi o nelle grandi fabbriche come l’Interporto di Bologna. E che cosa intende fare il Comune di Bologna? Le istituzioni sanno benissimo che senza il lavoro migrante reclutato tramite cooperative, agenzie e contratti a chiamata nei magazzini della logistica non c’è profitto. Le vetrine del centro non sarebbero piene di merci, non sarebbero sicure e splendenti. Bologna non sarebbe la città del cibo.
Per questo, con i migranti che hanno ottenuto un permesso di soggiorno, con chi ancora è in attesa, con chi, regolarizzato, si ritrova fuori dall’accoglienza, continueremo a lottare: noi vogliamo che il centro Mattei venga chiuso e che ai migranti siano garantite sistemazioni alternative, compatibili con le loro vite, i loro affetti, il loro lavoro e la loro libertà.