La morte di Youns El Boussetaoui parla chiaro. Non è morto per mano di chi intendeva sventare una molestia possibile, non è morto in nome di una maggiore e reale sicurezza di tutti gli abitanti di Voghera. Lui è morto perché era un migrante marocchino, perché come migrante vai bene se stai zitto, calmo e quando ti fai sfruttare al lavoro, è morto perché incarnava il nemico per eccellenza di chi come l’assessore leghista Adriatici odia i migranti, i neri, tutti coloro che non siano bianchi e italiani.
Quanto accaduto ha un solo nome: razzismo, per quanto il cambio di imputazione da parte della procura pavese evidenzi l’intento di assolvere l’assessore. Con buona pace di chi cerca le ragioni nel possesso di un’arma che non sarebbe dovuta essere a portata di mano, o nelle smanie dispotiche dell’assessore leghista adepto delle ordinanze anti degrado, non è l’arma che l’ha ucciso ma il razzismo di chi la impugna, un razzismo esplicitamente difeso dalla Lega. Un ex poliziotto che evidentemente ha deciso in che modo regolare i conti con quegli odiati migranti che abitano la città di Voghera e che spesso si trovano in Piazza Meardi, piazza San Bovo o all’autostazione. A Voghera per i migranti accusati di pubbliche molestie è stata introdotta la pena di morte. Youns El Boussetaoui non era un violento, non era un pericolo pubblico o un potenziale stupratore, era un ragazzo marocchino che come altri ha pagato a duro prezzo la crisi di questi anni, che ha sofferto e che da questa sofferenza non è riuscito a riprendersi. Ma la sua vita evidentemente valeva poco, almeno per il leghista Adriatici che in pochi secondi l’ha stroncata con un colpo che solo nelle parole dell’assassino era casuale, perché casuale non era la ragione che lo ha giustificato.