Non sono bastati le multe, gli arresti e perfino i mazzieri per fermare le lotte dei facchini della FedEx di Piacenza. La questura di Piacenza è pronta allora a passare dalla minaccia alla revoca effettiva del permesso di soggiorno ai facchini migranti impegnati negli scorsi mesi nei picchetti davanti alla sede della multinazionale americana. Una misura esemplare, che deve cioè dare un segnale alle donne e uomini migranti in lotta. A essere revocato non è solo il documento che consente ai migranti della FedEx di risiedere in Italia, ma la loro libertà di lottare per una vita diversa che non faccia del lavoro l’unica ragione in base alla quale vengano “accettati” su questo territorio. Una libertà di cui donne e uomini migranti devono essere privati perché troppo pericolosa se lasciata nelle loro mani.
Non si tratta infatti di un colpo di testa di zelanti questurini, ma di un ricatto politico contro cui i migranti lottano da anni, già scritto nelle leggi che dalla Bossi-Fini in avanti regolano la presenza delle e dei migranti in Italia e rafforzato dalla crescente criminalizzazione dei blocchi, uno strumento di lotta importante dentro la logistica. Questa minaccia è stata ripetuta molte volte durante i picchetti e la gestione politica dei rinnovi è di fatto il supplemento statale delle pratiche padronali utilizzate per colpire la determinazione gli operai in lotta. È la logica del razzismo istituzionale che colpendo i migranti, colpisce tutti. Adil è stato ammazzato per questo: non accettava che i migranti dovessero rinunciare alla lotta. Rifiutava che il permesso di soggiorno diventasse un’arma di ricatto. Ma per quanto dura, spietata e violenta possa diventare, la repressione troverà sempre di fronte a sé questo rifiuto. Troverà sempre uomini e donne in carne e ossa disposti a lottare per la propria libertà. Di fronte all’uso politico del razzismo istituzionale è importante unire le lotte dei migranti e di tutte le lavoratrici e i lavoratori per rompere questo ricatto.