I lockdown sono capaci di bloccare molte cose ma tra queste non c’è il lavoro migrante. Mentre nella seconda ondata della pandemia il lavoro di donne e uomini migranti nei campi, nei lavori di cura e nei magazzini della logistica mostra di essere sempre più essenziale per tutta la società, il loro sfruttamento è sempre più brutale. Ogni giorno ai migranti si chiede un sacrificio che nessuno riconosce, né tantomeno risarcisce. Non soltanto perché le loro vite sono sospese da permessi di soggiorno bloccati ormai da mesi nelle questure, ma anche perché i lockdown mettono in quarantena le relazioni sociali e la possibilità di manifestare, mentre liberano come mai prima di oggi un virus d’impresa che per riprodursi va alla ricerca di una forza lavoro che sia sempre più disponibile, anche a rimanere in silenzio dinanzi a turni massacranti, straordinari non pagati, salari rubati.
In questa intervista F. parte con il raccontare il caso speciale dell’edilizia, un settore che non solo non si è mai fermato, ma da mesi sta usufruendo di notevoli incentivi fiscali per ristrutturazioni che vengono fatte rubando sistematicamente il salario dei migranti, con tentativi di ricatto e vere e proprie truffe. Queste pratiche sono all’ordine del giorno e quando i migranti come F. alzano la voce si trovano di fronte all’impotenza del sindacato che si limita ad agire come arbitrato di conciliazione, capace di recuperare solo una minima parte del maltolto dai padroni. F. racconta poi la sua esperienza nei magazzini della logistica che tra lockdown e Black Friday stanno facendo affari d’oro, assicurando alle grandi aziende della distribuzione la totale precarietà di lavori che solo i migranti, in costante attesa di un permesso di soggiorno, possono accettare.
Nell’intervista F. denuncia pubblicamente quella che è una condizione politica di sfruttamento che sostiene i profitti ai tempi della pandemia. Dice chiaramente che non è sufficiente far vedere quello che viene nascosto, ma che bisogna aprire processi di comunicazione e organizzazione tra migranti che lottano quotidianamente contro questa condizione che – come mostra lo sciopero di questi giorni al magazzino della Yoox organizzato dell’Assemblea delle donne del Coordinamento Migranti – per le donne migranti è doppiamente insostenibile.
Dove lavoravi e quali erano le condizioni?
Ho lavorato per un anno a Bologna per un’azienda edile con un contratto di apprendistato. Per tutto il tempo che ho lavorato lì il padrone mi ha trattato malissimo e mi ha rubato soldi. Avevo un contratto di 40 ore a settimana, ma ne facevo anche cinquanta o sessanta. Ho lavorato 10 o anche 12 ore consecutive ma solo due volte sono riuscito a mettere in tasca più di 1000 euro in un mese! Tutte le altre volte ho ricevuto dei bonifici di poche centinaia di euro, all’inizio 190 poi è salito, ma mai più di 700 euro. Però ogni volta sulla mia busta paga c’erano scritto che mi spettavano cifre molto più alte.
Sono andato mille volte a chiedere spiegazioni al capo, ma lui mi rispondeva che era una ditta di famiglia, una piccola gestione e che quindi non poteva pagarmi di più. Quando gli ho chiesto incazzato perché sulla busta paga c’era scritto una cosa e i bonifici erano tanto più bassi ha avuto il coraggio di dire che lo faceva per me, perché in questo modo, con una busta paga così alta, sarebbe stato più facile rimanere in Italia con i documenti perché potevo di avere un reddito abbastanza alto. Quando gli ho fatto notare che comunque per i documenti mi chiedevano un estratto conto e che quindi per me era anche peggio, ha iniziato a insultarmi, dicendo che sono ingrato e che mi pongo problemi inutili. Tra l’altro mi rubava soldi ovunque! Se stavo male e mi mettevo in malattia i giorni in cui non lavoravo me li toglieva la ditta dalla busta paga! Una volta ho avuto un problema alla schiena abbastanza grave a causa del lavoro, perché fare il carpentiere è un lavoro fisicamente pesantissimo. Lo stesso capo mi ha detto di rimanere a casa perché stavo male e non potevo lavorare, ma alla fine i giorni in cui sono stato a casa non me li hanno pagati come malattia! Alla fine ho deciso di parlare con qualcuno per cercare di risolvere questo problema perché non sono disposto ad accettare di lavorare e di non essere nemmeno pagato.
Quindi cosa è successo?
Appena l’ho detto al padrone mi ha detto che se mi fossi rivolto ai sindacati mi avrebbe licenziato, perché gli avrei fatto spendere un sacco di soldi. A me non interessa perché non sono disposto a farmi rubare soldi da lui. Ho fatto un calcolo e ci sono alcune migliaia di euro di differenza tra quello che mi spettava in busta paga e i bonifici che effettivamente ho ricevuto. Ho dovuto fare un concordato in cui lui ha accettato di darmi solo la metà di quei soldi, e ho dovuto accettare perché purtroppo non ho i soldi per gli avvocati o per portarlo in Tribunale… La cosa positiva comunque è che ora non lavoro più per lui.
Dove lavori adesso?
Lavoro in un magazzino con un’agenzia interinale, e la situazione non è certo migliorata. Mi chiamano quando gli pare, regolarmente anche durante i fine settimana, sia il sabato che la domenica. Sul mio contratto c’è scritto esplicitamente che lavoro per loro perché con la pandemia sono aumentati gli ordini on-line e quindi devono rispondere a questa cosa assumendo personale. Ovviamente i contratti sono brevissimi, una settimana o due settimane, e nessuno sa ovviamente cosa sarà di noi quando l’emergenza sarà finita e non avranno più bisogno di lavoratori extra. Chiaramente scelgono soprattutto i migranti per queste cose!
Conosci altre persone che sono in questa situazione?
Certo, conosco tantissimi migranti in questa situazione. Ricevono la metà o addirittura meno del loro salario, non gli pagano gli straordinari, i padroni inventano scuse su scuse per rubare soldi. Con la crisi del coronavirus la situazione è solo peggiorata perché adesso c’è la scusa dell’emergenza. C’è un mio amico ad esempio che si è rivolto adesso a un sindacato per lo stesso motivo e anche nel magazzino dove sto lavorando adesso ci sono ragazzi che hanno lo stesso problema. La questione è sempre la stessa, per certi lavori usano noi migranti perché credono che siamo disposti ad accettare qualsiasi cosa. Nei magazzini ci sono tantissimi migranti perché devono avere un contratto di lavoro altrimenti non possono chiedere i documenti per rimanere in Italia. Ad esempio, il capo della ditta che mi ha licenziato sa benissimo che in poco tempo trova qualche altro migrante o richiedente asilo che è disposto ad accettare per qualche altro mese le condizioni di merda di quel lavoro. E vanno avanti così… è contro questa situazione che dobbiamo lottare, altrimenti i padroni cercheranno sempre di fare di noi quello che vogliono e di rubarci soldi.