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Noi siamo migranti che hanno passato la quarantena a fare i lavori essenziali. Siamo donne e uomini che hanno lavorato nei magazzini e nelle fabbriche, nei campi e nei supermercati, che hanno consegnato a casa le merci più varie, che hanno sanificato le vostre case, le aziende e gli ospedali, che hanno badato ai malati e agli anziani. Alcuni di noi invece hanno perso il lavoro, non hanno potuto usufruire dei sussidi statali e ora senza lavoro e reddito rischiano di perdere il permesso di soggiorno.
Siamo donne e uomini migranti che vivono ammassati nei centri di accoglienza come il CAS di via Mattei perché la Prefettura, il Comune e la Regione non hanno voluto trovare soluzioni alternative. Il nostro lavoro è essenziale, ma le nostre esistenze si possono sacrificare, anche per i coraggiosi e silenziosi democratici che guidano questa accogliente Regione. Compresi quelli che sono venuti in piazza ad assicurarci la loro attenzione e poi sono scomparsi.
Noi siamo le donne e gli uomini migranti a cui il governo ha sospeso la scadenza dei permessi fino a fine agosto. Migliaia di domande di rinnovo attendono di essere esaminate dagli Uffici immigrazione delle Questure, ma datori di lavoro e proprietari di case non stipulano contratti di lavoro e di affitto con chi ha in mano soltanto il cedolino della richiesta di rinnovo. Così, alla fine dell’estate rischiamo la clandestinità: senza lavoro e con un salario sempre più povero come potremo rinnovare il permesso di soggiorno?
Con la pandemia il razzismo istituzionale ci rende ancora più ricattabili: forza lavoro usa e getta, da sfruttare in nero o in regola, non fa differenza. Questo viene sancito dal governo con la regolarizzazione. Chi in questi anni non ha lavorato in agricoltura, nell’assistenza alla persona o nel lavoro domestico, ma nei magazzini, nelle cooperative o nelle fabbriche, spesso in nero o con contratti a chiamata e temporanei, rimarrà irregolare o sull’orlo della clandestinità, mentre quello che viene concesso è un permesso temporaneo di sei mesi che non ci libera dal ricatto del contratto di lavoro. La regolarizzazione resuscita inoltre il contratto di soggiorno con cui i governi della destra per anni hanno dato al padrone il diritto di decidere della nostra permanenza. Questa regolarizzazione è un vecchio modo per sfruttare in forme nuove quello che da sempre noi chiamiamo lavoro migrante. Nella fase 2 la nostra libertà rimane così in sospeso fra razzismo e sfruttamento.
Per questo abbiamo deciso di rompere il muro di silenzio che è calato sulle nostre vite e su quelle di chi ancora sfida il Mediterraneo. Noi siamo uomini e donne che non accettano di continuare una quarantena dalla quale le migranti e i migranti rischiano di uscire senza permesso di soggiorno. Siamo quelle lavoratrici e quei lavoratori migranti che sono qui ormai da decenni, ma per i quali la cittadinanza è una promessa mai mantenuta. Un ricatto manifesto per noi e per i nostri figli. Per questo il 30 maggio saremo in piazza Nettuno a Bologna mentre a Parigi diversi collettivi di migranti manifesteranno contro il razzismo e lo sfruttamento che la pandemia ha rafforzato in tutta Europa e non solo: vogliamo un permesso di soggiorno europeo illimitato e incondizionato, svincolato da famiglia, reddito e lavoro.
Appuntamento sabato 30 maggio,
ore 16, piazza Nettuno, Bologna
Perché la libertà dei migranti non può rimanere sospesa
fra razzismo e sfruttamento!
ASCAI Bologna, Associazione Camerunense – Associazione Benininesi per la fraternità – Appennino Migrante – Associazione Lavoratori Marocchini in Italia – Associazione Senegalese Chaikh/Anta Diop – Comunità del Sierra Leone – Comunità Gambiana di Bologna – Comunità Nigeriana di Bologna – Comunità Pakistana Bologna – Coordinamento Eritrea Democratica – Diaspora Guineana dell’Emilia-Romagna – Yeredemeton Comunità Maliana
Per info e adesioni: coo.migra@gmail.com / 327.57.82.056
– Scarica qui il pdf del testo Contro la regolarizzazione a tempo determinato: rompiamo le catene del lavoro migrante!
– Scarica qui il pdf del testo Il Tribunale di Bologna e il centro di via Mattei, ovvero dello sfruttamento a norma di legge