L’Interporto non dorme mai. È una grande fabbrica che lavora senza interruzione, giorno e notte, sfruttando noi migranti e richiedenti asilo attraverso contratti a chiamata o agenzia interinale. Se ci chiamano poco, il salario non ci basta. Se ci chiamano troppo, non possiamo dire no. A volte entriamo con il buio e usciamo che è di nuovo buio. Ci chiamano la notte e dopo il turno dobbiamo aspettare il primo autobus per ore. Ci chiamano per lavorare sabato e domenica. Ci chiamano quando altri migranti con contratti aziendali e in tasca un permesso per lavoro scioperano. Se chiediamo che gli straordinari ci vengano pagati, non ci chiamano più. Nei magazzini dove lavoriamo, il padrone ci divide e sfrutta il nostro isolamento. Fuori dall’Interporto, anche se abbiamo un contratto a tempo indeterminato, nessuno vuole affittarci una casa e la nostra permanenza in questo paese dipende da questure, prefetture e commissioni. Il padrone sa che dipendiamo dal permesso di soggiorno, così promette che quando avremo la sua fiducia offrirà contratti e salari migliori, ma le nostre vite non miglioreranno finché saremo divisi e isolati! Sappiamo che senza lavoro non possiamo avere i documenti per restare in questo paese, ma sappiamo anche che la grande fabbrica non esiste senza di noi. Rifiutare lo sfruttamento dell’Interporto è possibile: alcuni di noi decidono di non lavorare oltre le ore stabilite o in magazzini diversi da quelli previsti da contratto con l’agenzia, chi può non accetta il lavoro a chiamata, altri cercano di guadagnare il più possibile per andarsene il prima possibile. Adesso è giunto il momento di rompere l’isolamento e unire le nostre voci!
Per questo, sabato 15 febbraio, scenderemo in piazza a Bologna contro il razzismo e lo sfruttamento. Per questo manifesteremo! Per rifiutare questa condizione di ricatto e sfruttamento che riguarda tutto il lavoro, migrante e non.
– Scarica qui il foglio speciale del Coordinamento Migranti Interporto