Emilia-Romagna: il territorio “avanzato” del ricatto del permesso di soggiorno

Continue denunce e prese di posizione provenienti non solo da Bologna mostrano come le prefetture e le questure della regione delle opportunità siano coordinate per agire arbitrariamente e ostacolare quotidianamente la vita delle donne e degli uomini migranti. Il tutto nel silenzio più assoluto della regione, del suo governatore, della sua maggioranza in assemblea regionale. Se hanno così tanta cura del benessere degli emiliano-romagnoli perché non curarsi anche delle condizioni di vita e di lavoro di chi – pur non essendo cittadino e non votando – produce circa il 12% del PIL della regione?

Tutto è iniziato anni fa, con la pratica dei controlli dei contributi versati all’INPS, pratica attraverso la quale la questura di Bologna, prima, successivamente le questure della regione, intendono ostacolare in ogni modo il rinnovo del permesso per lavoro. Da allora a Bologna e in altre città le questure hanno fatto numerosi passi in avanti nel razzismo istituzionale. Eccone quattro, fra i più importanti:

La politica di negazione del domicilio

La legge prevede l’auto-certificazione di domicilio affinché i richiedenti asilo possano ottenere e rinnovare il permesso in attesa della decisione della commissione. Invece, diverse questure della regione impongono arbitrariamente ai migranti di fornire documenti contro-firmati da proprietari di casa e – se presenti – di chi è titolare del contratto di affitto. Negano persino la possibilità di avere il domicilio presso sedi di associazioni

La politica di negazione della cittadinanza

I diritti per i migranti non sono un’opportunità se è vero che la Prefettura di Bologna – e tutto lascia pensare che accada anche in altre – non soltanto impiega più di 8 mesi prima di controllare le domande inviate telematicamente prima che queste vengano prese in carico dal Ministero dell’Interno, ma spesso invia tramite email dichiarazioni di inammissibilità della domanda senza alcun preavviso, senza cioè aprire un contenzioso con il richiedente affinché sani eventuali mancanze o errori nei documenti, come previsto invece dalla legge. 

La politica dei ritardi nel rinnovo del permesso

La legge stabilisce un massimo di sessanta giorni per rinnovare il permesso. Invece le questure della regione impiegano molto più tempo, in alcuni casi da sei mesi fino a otto mesi o anche più. Addirittura, nel caso di Bologna, consegnata la domanda di rinnovo alle poste passano oltre due mesi per essere chiamati a rilasciare le impronte. Lo spropositato allungamento dei tempi nel rinnovo dei permessi riguarda anche i richiedenti asilo in attesa della commissione o dell’esito del ricorso.

La politica veloce del decreto di espulsione

Per i richiedenti asilo, al danno dei ritardi nella consegna e nel rinnovo dei permessi, si aggiunge la beffa: quando le questure comunicano l’inammissibilità della domanda di asilo l’accompagnano a un decreto di espulsione con accompagnamento immediato alla frontiera, ovvero all’aeroporto di Bologna, senza consentire al richiedente di impugnare la decisione nel termine concesso dalla legge.

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