Quando in un coraggioso sussulto di sinistra, tanto inaspettato quanto presto sopito, il segretario del PD Zingaretti in visita a Bologna ha proclamato l’impegno del partito per Ius Soli e Ius Culturae, il candidato alla riconferma alla presidenza della regione Emilia-Romagna si è affrettato a dichiarare che non era il momento, che le sue priorità erano altre. Meglio non parlarne, insomma. Quando poi Bonaccini parla è per rivendicare il blocco degli arrivi con Minniti e richiamare la sinistra al “realismo” della necessità di affermare i doveri, oltre che i diritti: l’Emilia-Romagna è “terra dell’ospitalità”, ma solo per i turisti.
Queste sono sostanzialmente le uniche dichiarazioni ufficiali di Bonaccini sulle donne e sugli uomini migranti che da anni vivono, studiano, lavorano in questa regione e che però, a quanto pare, non contribuirebbero in alcun modo al “passo in avanti” che l’Emilia-Romagna dovrebbe compiere con la sua riconferma. I “quattro passi in avanti” del suo programma – conoscenza, diritti/doveri, sostenibilità e opportunità – non fanno alcun riferimento a migranti e richiedenti asilo, neanche in termini umanitari, accoglienti e caritatevoli che pure piacciano tanto ai suoi sostenitori di “sinistra” e alle piazze politicamente corrette delle sardine. Come se l’economia della formazione e dell’educazione, della cultura e del turismo, del welfare e della sanità, dell’agricoltura e della meccanica avanzata potesse esistere senza il lavoro migrante di coloro che, nelle fabbriche, nelle case, nei servizi e nei magazzini della logistica, sono impiegati con contratti a chiamata, tramite agenzie e cooperative, con turni di lavoro spezzati e massacranti, in cambio di bassi salari, talvolta anche in nero. Bonaccini è presidente e vuole rimanerci ma, per non dispiacere gli elettori di destra ai quali mira, non vuole dire che l’Emilia-Romagna è la prima regione d’Italia per migranti residenti e per contributo dei migranti al PIL regionale (più del 12%). Non vuole dire che i migranti rappresentano oltre il 20% dei lavoratori dipendenti e oltre il 40% dei nuovi assunti nella “prima regione per crescita tra le regioni italiane”, come invece ripete continuamente. Bonaccini non vuole parlare di come vivono e delle condizioni di lavoro di più del 10% dei cittadini della regione che presiede. È allora arrivato il momento di rompere il silenzio complice del governatore per ricordargli chi sono e che cosa vogliono le donne e gli uomini che vivono su questo territorio “avanzato”.
Anche se non vuole dirlo, Bonaccini sa benissimo che le condizioni di sfruttamento del lavoro migrante, anche in questa terra delle opportunità, sono determinate dal ricatto perenne del permesso di soggiorno che questure e prefetture della regione applicano quotidianamente. Esse sono coordinate per agire arbitrariamente e ostacolare quotidianamente la vita dei migranti in questa regione: allungando i tempi per il rinnovo del permesso fino a 8 mesi, consegnando decreti di espulsioni senza rispettare i 15 giorni di tempo per fare ricorso, chiedendo improbabili documenti che certifichino il domicilio necessario a fare domanda di asilo e ottenere il permesso, negando anche la possibilità di avere il domicilio presso sedi di associazioni. Per migranti e richiedenti asilo, questa situazione limita – quando non esclude – le gloriose opportunità che la regione di Bonaccini offre di trovare un lavoro o accedere alla sanità: molti imprenditori non assumono chi ha in mano una ricevuta di rinnovo, anziché un permesso, oppure ne approfittano per far lavorare in nero, mentre aumentano le segnalazioni di chi viene respinto dagli uffici CUP e non riesce a ottenere o rinnovare la tessera sanitaria. E mentre piccoli fascisti crescevano seminando razzismo e menzogne sui neri che rubano le case popolari agli italiani, la giunta Bonaccini obbligava i migranti a certificare persino l’assenza di proprietà immobiliari nei paesi di origine per accedere ai bandi. Una direttiva che di fatto esclude i migranti perché presuppone che nei paesi di origine esistano dei catasti che in realtà in molti casi non ci sono. Che a pagarne le conseguenze siano i migranti è un problema minore, specie se si tratta di migranti che non votano.
Non crediamo infatti che a Bonaccini sfugga la logica spietata del razzismo istituzionale. In realtà, sa benissimo come vivono e lavorano i migranti in Emilia-Romagna. Come l’imprenditore di Ferrara che figura nelle sue liste per il solo merito di aver licenziato con un sms 516 lavoratori dei magazzini, per la maggior parte migranti, anche lui ha deciso di sfruttarne l’oscura presenza che gli consente di dire che la prosperità regna nella sua regione. Di fronte alle critiche per aver scelto di candidare questo personaggio, Bonaccini ha risposto che costui non ha violato la legge. Bonaccini ha ragione, a suo modo, perché ce ne sono di leggi in Italia, come quelle per i cambi d’appalto e la famigerata Bossi-Fini, che rendono legale e conforme al diritto il più brutale sfruttamento, non soltanto dei migranti. Soltanto che pregiandosi di stare dalla parte di questa “legalità”, Bonaccini si schiera con chi quello sfruttamento lo pratica tutti i giorni. D’altra parte, le donne e gli uomini migranti che garantiscono la prosperità emiliano-romagnola non votano e quindi non sono evidentemente neppure degni della considerazione di chi in questo momento sta cercando soltanto voti per sopravvivere come partito. Possiamo allora farci alcune domande e dovrebbero farsele anche quelli che pensano di votare Bonaccini. Il “passo in avanti” che promette verrà compiuto sulla pelle di migranti e richiedenti asilo? Elly Schlein e la sua Emilia-Romagna coraggiosa saranno veramente coraggiose da dire qualcosa sui migranti, o anche loro preferiranno tacere? Nelle loro “proposte” da campagna elettorale, per i migranti non sembra esserci proprio spazio. Accennare alle “discriminazioni razziste” o parlare di accoglienza in una “società più inclusiva e più sicura” è veramente troppo poco. Segno di codardia, più che di coraggio. Eppure, Bonaccini e le sue liste di “sinistra” dovrebbero sapere che votano anche gli italiani antirazzisti, persino le donne e gli uomini migranti che in questi anni hanno lottato per conquistare la cittadinanza. Chi sostiene la “sinistra” pensa davvero che si possa ancora tacere sulla condizione materiale dei migranti in questa regione? Davvero è sempre e solo colpa di Salvini? Noi non lo pensiamo e prenderemo parola insieme a molte associazioni e comunità migranti di Bologna e della regione convocando una conferenza stampa per lanciare la manifestazione di sabato 15 febbraio.
Invitiamo giornalisti/e a essere presenti venerdì 17 gennaio alle ore 11 davanti a Palazzo D’Accursio, Piazza Maggiore.
– Scarica qui l’appello alla manifestazione del 15 febbraio in pdf
– Scarica qui il testo Emilia-Romagna: il territorio “avanzato” del ricatto del permesso di soggiorno