«Solo la lotta può liberarci». Sciopero dei migranti di Chronopost, Intervista a Amadou Fofana

Pubblichiamo l’intervista a Amadou Fofana, portavoce dei lavoratori migranti di Chronopost-Afortville, filiale delle Poste francesi, in sciopero dall’11 giugno per ottenere la regolarizzazione e la fine del regime di sfruttamento a cui sono sottoposti. Chronopost si serve infatti di un’agenzia interinale, Mission Interim, che recluta sans-papiers in base alle necessità delle aziende assumendoli tramite i documenti di altri migranti, rifiutando di dare loro i formulari necessari alla regolarizzazione (CERFA) e impedendo il rinnovo del contratto dopo 17 mesi di lavoro, periodo oltre il quale è necessario per l’azienda assumere i lavoratori. L’assenza di documenti stabili è ciò che permette alle aziende di intensificare le forme di sfruttamento e di ricatto, come sanno i richiedenti asilo impiegati nella logistica italiana che per molti versi vivono condizioni analoghe tra lavoro saltuario, ore non conteggiate e minacce di non essere richiamati. Dopo un’occupazione di due settimane della sede di Chronopost di Afortville, i sans-papiers hanno fatto un picchetto davanti all’ingresso, con tende e bagni, presidiato giorno e notte non solo dai 27 lavoratori della filiale delle poste, ma anche da 160 sans-papiers che sono assunti da altre aziende secondo lo stesso regime di sfruttamento imposto dalle società di subappalti, o che lavorano nell’edilizia in nero. Il 4 dicembre (cioè una settimana dopo che l’intervista è stata fatta, motivo per cui non risulta nelle considerazioni di Amadou) i lavoratori sans-papiers di Chronopost hanno ottenuto le prime cinque regolarizzazioni. La mobilitazione però continua e i sans-papiers hanno dichiarato che non abbandoneranno il picchetto finché non otterranno la regolarizzazione collettiva. Come dice Amadou, «quando non hai i documenti non hai scelta, devi per forza obbedire, non puoi sottrarti al lavoro imposto dai padroni». La lotta dei lavoratori di Chronopost, come quella dei gilets noirs e delle lavoratrici dell’Hotel Ibis per porre fine al ricatto del permesso di soggiorno e al regime di sfruttamento imposto da società in subappalto sono parte della stessa lotta che stiamo combattendo a Bologna per ottenere un permesso di soggiorno europeo incondizionato che renda le donne e gli uomini migranti liberi di rifiutare condizioni di lavoro insostenibili, liberi di muoversi per costruire una vita migliore. La lotta dei lavoratori di Chronopost mostra anche che i sans-papier non hanno intenzione di lasciarsi dividere: non accettano che i loro problemi siano trattati come “casi singoli” e sostengono attivamente lo sciopero delle lavoratrici dell’Hotel Ibis perché sanno che persino quando hai i documenti in quanto migrante e ancor più come donna sei sempre sfruttata, malpagata e ricattabile. A chi vorrebbe risolvere la situazione con qualche regolarizzazione occasionale e dividendo le lotte in corso, i lavoratori migranti di Chronopost hanno risposto che quella per la regolarizzazione è una lotta collettiva per la fine dello sfruttamento di tutte e tutti.

 

Coordinamento migranti: Per cominciare vorremmo chiederti se puoi spiegarci come funziona la vostra assunzione da parte di Chronopost tramite subappalto: che implicazioni ha il fatto di non avere documenti, attraverso quali tappe venite assunti e quali sono le ragioni che vi portano a scioperare.

Amadou Fofana: Innanzitutto tutti noi che siamo in sciopero siamo sans papiers e per questo ci sfruttano in tutti i modi, notte e giorno. Per contratto siamo ingaggiati per 3 ore e mezzo (dalle 4 alle 7:30 del mattino) cinque giorni a settimana. Dobbiamo ogni giorno arrivare in anticipo di trenta o quaranta minuti per aspettare davanti alla porta, pioggia o freddo che sia, i dipendenti che hanno il badge. Se cominciamo alle 3 del mattino è necessario arrivare alle 2:30. Anche se c’è qualcuno dentro non può lasciare il lavoro per venire ad aprirti. Normalmente il lavoro di notte è pagato di più ma qui non è così. Inoltre, se c’è molto lavoro dobbiamo cominciare presto, un’ora o due prima, ci obbligano ad iniziare a lavorare prima dandoci al massimo una settimana di preavviso. Anche se non ti pagano lavori lo stesso, non puoi rifiutare perché non hai scelta, è come una schiavitù.  Noi facevamo lo scarico dai camion e lo smistamento dei pacchi sui nastri trasportatori in base alle destinazioni. Anche in questo caso se il lavoro si prolunga, come adesso nel periodo di dicembre, siamo obbligati a rimanere di più ad aspettare i camion. Sono ore non pagate perché non figurano sul contratto e quando sei sans papiers non puoi fare reclami perché sei sempre in pericolo. Se protesti ti licenziano, di questo abbiamo paura. Teoricamente dopo 18 mesi i datori di lavoro sarebbero obbligati a regolarizzarti dandoti un CERFA [formulario regolamentato necessario a ottenere i documenti] e una concordance [attestazione che hai lavorato seppur usando i documenti di qualcun altro] per andare a depositare il dossier in prefettura. Di fatto invece puoi lavorare per anni per lo stesso padrone senza che accetti mai di regolarizzarti per poterti sfruttare di più. Non riconoscono la continuità del lavoro: ti fanno lavorare qualche mese, ti fanno interrompere mettendoti in “fine missione” e poi ti richiamano facendo un nuovo contratto o ti rimpiazzano con un altro sans papiers. Veniamo assunti attraverso Mission Interim, un’agenzia interinale che recluta le persone per venire a lavorare, ma il vero padrone è Chronopost. Quando abbiamo manifestato davanti alla loro sede a Porte d’Orleans ci è stato detto che non sono loro a impiegarci direttamente e che quindi avremmo dovuto rivolgerci all’agenzia interinale. Chronopost è al corrente di tutto, sanno perfettamente che non abbiamo i documenti. Siamo qui da anni, ci sono le riprese delle videocamere all’interno che lo dimostrano, ma Chronopost rifiuta di farci il badge per entrare. Il motivo è che facendocelo figurerebbe una fotografia diversa da quella dei documenti con i quali siamo stati assunti e inoltre verrebbero registrati tutti gli orari di lavoro e gli straordinari, mentre senza badge possono pagarci le ore notturne come se fossero diurne . Noi abbiamo capito il loro gioco e ci siamo detti che non potevamo continuare a farci sfruttare così. Quindi ci siamo riuniti, abbiamo prima di tutto parlato con il collettivo di cui facevamo parte da prima dell’occupazione: il Collectif Travailleurs Sans-Papiers de Virty-sur-Seine (CTSPV94). Tuttavia, ci siamo subito resi conto che senza sostegno sindacale non saremmo resistiti a lungo, così siamo andati tutti insieme da Sud PTT Solidaire 94. Con loro abbiamo parlato della situazione, abbiamo cominciato a consultare e registrare i contratti, le buste paga, i messaggi che ci inviano il venerdì con la conferma della settimana. Abbiamo anche fatto delle foto e dei video all’interno del magazzino e le abbiamo inviate al sindacato, che così ha avuto le prove di ciò che dicevamo e ha iniziato a trattare i nostri dossier. L’11 giugno abbiamo deciso di iniziare lo sciopero dichiarando che non avremmo ripreso a lavorare finché non ci avessero regolarizzato. Abbiamo fatto un’occupazione all’interno del magazzino per due settimane, i padroni ci hanno denunciato: il giudice ha detto che dovevamo uscire dallo stabilimento ma che avevamo il diritto di stare davanti ai cancelli. Così abbiamo deciso di creare il picchetto. Quando siamo andati a tutte le sedi delle Poste hanno risposto che non ci conoscevano, che non ci avevano mai assunti e che non avevamo mai lavorato nella loro sede. È Mission Interim che dovrebbe darci i formulari necessari alla regolarizzazione, siamo andati a manifestare anche da loro ma la polizia ci ha fatto uscire e siamo tornati al picchetto, e da qui non ci muoviamo. Chronopost è filiale della Posta che appartiene allo Stato, quindi è lo Stato stesso che sfrutta i sans-papiers, è complice.

CM: E i sindacati che ruolo hanno avuto? Che strategie hanno usato per sostenervi?

AF: I sindacati ci stanno appoggiando, hanno portato i nostri dossier alla Prefettura che adesso deve occuparsi della nostra regolarizzazione. È grazie ai sindacati che siamo arrivati a far esaminare i nostri casi dalla Prefettura. Per ora il prefetto ha detto che accetta di analizzare i casi, ma a condizione che i dossier vengano depositati per tappe: prima andavano depositati i 27 dossier dei lavoratori di Chronopost e poi, una volta finito l’esame di questi dossier, possono essere depositati i 129 dossier dei lavoratori esterni a Chronopost. Abbiamo depositato i dossier il 19 novembre, ma il loro esame sta andando piuttosto rapidamente. Abbiamo potuto continuare il picchetto anche grazie al sostegno del comune di Alfortville, che ad esempio ha messo a disposizione i bagni chimici e le stufe. Il sindaco Michel Gerchinovitz (Parti Socialiste) ci sostiene e il deputato Luc Carvounas [ex sindaco di Alfortville, Parti Socialiste] ha parlato due volte della nostra lotta all’Assemblea Nazionale.

CM: Qui al presidio permanente ci sono molti altri lavoratori migranti insieme a voi che sono esterni a Chronopost. Anche loro sono sottomessi al regime lavorativo delle società di subappalto?

AF: Ci sono 129 lavoratori sans papiers esterni a Chronopost qui a sostenerci. Vengono da tutta l’Ile de France, lavorano ovunque, spostandosi dove c’è richiesta. Lavorano per aziende diverse ma siamo nella stessa situazione perché anche loro usano i documenti di altri, le aziende lo sanno e ci sfruttano di più. C’è però anche molto lavoro in nero, in particolare nell’edilizia. Nell’edilizia le imprese solitamente non utilizzano le agenzie interinali, è il padrone direttamente che ti chiama sulla base delle necessità. Se lavoro in un cantiere è il padrone che viene a dirmi di portare con me altri lavoratori dal foyer. La maggior parte delle volte nell’edilizia si lavora in nero: si viene pagati in contanti e non ci sono prove. Puoi fare vent’anni con lo stesso padrone ma non hai nessuna prova da portare in prefettura o comunque non ne accettano. Siamo più di cento fissi qui al picchetto. Ci sono molte persone che di giorno vanno a lavorare, ad esempio i non dipendenti di Chronopost che sono qui per sostenerci. Così abbiamo dichiarato che non ci batteremo soltanto per noi  ma anche per loro: non impediamo a loro di andare a lavorare ma quando non lavorano chiediamo di essere qui al picchetto.

CM: Siete riusciti a fare manifestazioni tutti insieme (lavoratori di Chronopost ed esterni a Chronopost)? Ci sono anche donne?

AF: Sì da luglio ad ora abbiamo fatto più di 30 manifestazioni, ma da quando abbiamo avuto l’incontro con la prefettura abbiamo diminuito il numero vedendo come vanno i negoziati. Il Prefetto ha accettato di analizzare i dossiers a patto di cominciare con i 27 dossiers dei lavoratori di Chronopost, poi depositeremo i 129 dossiers degli esterni. Ma è certo che da qui non ci spostiamo. Siamo in contatto con le donne che lavoravano nelle pulizie presso l’Hotel Ibis. Quando fanno una manifestazione visto che sono poche inviamo sempre una nostra delegazione di venti o trenta persone, a volte spostiamo l’intero picchetto. Sebbene non siano sans papiers i padroni non le pagano correttamente, faticano a ottenere i propri diritti e sono sempre in sciopero. Non è facile per loro, ma solo la lotta può liberarci. Essendo donne, con i figli, è difficile per loro spostarsi per sostenerci. È dura per loro, e sono in sciopero da quasi quattro mesi.

CM: Ci sono persone con l’OQTF (Obligation de quitter le Territoire Français [il foglio di via])?

AF: Ci sono delle persone che l’hanno ricevuto negli ultimi mesi. In tutti i casi sono scioperanti che hanno trovato dei poliziotti appostati alle stazioni del treno mentre andavano a casa a lavarsi per tornare al picchetto.

CM: Ciò che voi volete è essere regolarizzati attraverso l’assunzione direttamente presso Chronopost senza passare per l’agenzia interinale, e ottenere il riconoscimento delle ore lavorate effettive  in modo da averne abbastanza per la regolarizzazione?

AF: Noi non siamo qui per rivendicare il pagamento delle ore di straordinari. Il senso della nostra lotta è la regolarizzazione globale di tutti noi, sanno molto bene che una volta che ci avranno regolarizzato non accetteremo mai più di essere sfruttati. Noi scarichiamo i camion, la parte più dura la fanno i sans-papiers, quindi una volta che saremo regolarizzati non accetteremo mai più condizioni di lavoro simili. Questo sarà il potere che otterremo. Quando non hai i documenti non hai scelta, perché devi fare tutto ciò che ti è richiesto sennò ti licenziano. Sei obbligato, devi obbedire.

CM: A Bologna e in Emilia-Romagna stiamo facendo un percorso di assemblee con i migranti che speriamo porterà a una grande mobilitazione e una delle nostre principali rivendicazioni è il permesso di soggiorno europeo incondizionato, cioè slegato sia dal lavoro che dalla famiglia, in quanto strumento che permette proprio di rifiutare le condizioni di lavoro che sono reputate inaccettabili e di spostarsi attraverso i confini europei in cerca di condizioni di lavoro migliori. Tu cosa ne pensi?

AF: Sì, il permesso di soggiorno è fondamentale. Molti paesi europei rifiutano i sans papiers, solo che poi sono proprio i sans papiers che fanno i lavori più duri che la gente del luogo non vuole fare, perché non hanno scelta. La precarietà fa certo il gioco dei padroni: lo Stato è contro i sans papiers, ma sono loro che lavorano. I giochi olimpici del 2023 non ci saranno senza i sans papiers che lavorano nei tunnel. Se vai nei cantieri trovi solo neri sans papiers: una volta avuti i documenti molti migranti non vogliono più fare questi lavori, ma il sans papiers non ha scelta. Che tu sia diplomato o meno, sei obbligato, finché non hai i documenti non puoi scegliere il tuo mestiere.

CM: Come si sta evolvendo la contrattazione?

AF: Dal punto di vista di Chronopost è tutto bloccato, abbiamo bussato molte volte alla loro porta ma ogni volta hanno sostenuto di non conoscerci. Ora il tavolo di contrattazione è in prefettura. Abbiamo incontrato due volte il prefetto e la sua assistente ma ci hanno proposto di regolarizzare unicamente quelli che rispondevano ai criteri della circolare Valls (2019): cinque anni di presenza, 24 buste paga, documenti amministrativi (concordance e CERFA). È un paradosso: non abbiamo diritto di lavorare ma dobbiamo portare 24 buste paga. Ci sono persone che sono qui da dieci anni e ancora non sono state regolarizzate. In ogni caso noi abbiamo risposto che abbiamo fatto l’occupazione insieme e insieme vogliamo essere regolarizzati, non caso per caso. Al secondo incontro ci è stata ripetuta la stessa cosa e l’abbiamo rifiutata di nuovo.