La buona notizia è che Matteo Salvini non è più il ministro dell’Interno. Di fronte a questo cambiamento è arrivato il momento di osare. Salvini ha prodotto un regime di paura che ha cercato di soffocare la presa di parola delle e dei migranti e di opporre e dividere nuovi e vecchi arrivati, i richiedenti asilo e quelli che sono legati a un permesso di soggiorno per lavoro. Osare significa mettere fine a un regime di oppressione, significa rivendicare con forza la fine del ricatto del permesso di soggiorno che grava sulle vite di milioni di uomini e donne che si muovono, vivono e lavorano in Italia e in Europa. Bisogna osare perché Salvini se ne è andato, ma la Bossi-Fini rimane e contro di essa non basta il richiamo ai diritti umani.
Bisogna osare, perché l’eredità razzista e violenta di Salvini e Minniti è ancora pesante. I due decreti sicurezza non hanno solo prodotto lo spettacolo violento di centinaia di donne, uomini e bambini in attesa per giorni di poter sbarcare, ma sono anche stati la conferma della Bossi-Fini. Ogni giorno, sulla terraferma, i migranti sono stati confinati in uno spazio sempre più ristretto, limitato alla gabbia dell’accoglienza, allo sfruttamento sul lavoro e alla minaccia perenne dell’espulsione. L’abolizione del permesso umanitario ha obbligato migliaia di migranti a sottostare a uno sfruttamento, “regolare” o “clandestino”, favorendo cooperative, padroni e padroncini, garantendo loro badanti, braccianti, facchini e operai da sfruttare. Il sistema è così ben rodato che ormai alcune cooperative, d’accordo con le agenzie interinali, si sono trasformate in vere e proprie riserve di manodopera da offrire all’occorrenza alle imprese.
Ora si parla di “discontinuità”. L’unica vera discontinuità è farla finita con vent’anni di sfruttamento organizzato intorno alla Bossi-Fini, con le ricollocazioni forzate in Europa, con l’esternalizzazione delle frontiere. La vera discontinuità è un permesso di soggiorno europeo che consenta ai migranti e alle migranti di cercare liberamente le condizioni migliori per vivere. Si parla di uscire dalla «logica emergenziale», ma l’annunciata «gestione ordinaria» delle politiche migratorie per ora si fonda solo sulla speranza che la magistratura renda inefficaci le misure del passato governo.
Migliaia di richiedenti asilo sono ancora intrappolati nel gioco congiunto di commissioni territoriali, prefetture, questure e comuni che ormai danno solo dinieghi e richiedono ai migranti documenti non previsti dalla legge. Migliaia di migranti che sono qui da anni, con permessi di soggiorno sempre precari e vincolati al lavoro, continueranno a imbattersi in ostacoli burocratici senza senso per ottenere la cittadinanza per sé o per i propri cari. Migliaia di uomini e donne migranti continuano a dipendere da permessi che tardano ad arrivare e durano solo qualche mese, da ricevute e garanzie di domicilio, da contratti di lavoro precari, sottopagati e di brevissima durata, dalle certificazioni linguistiche che i decreti Salvini hanno reso sempre più costose e difficili da ottenere e che colpiscono soprattutto le donne migranti, che in molti casi vivono e lavorano in condizioni di isolamento domestico.
Di fronte a tutto questo aprire i porti, per quanto necessario e prioritario, non basta: c’è bisogno di farla finita con la politica dei dinieghi e con i provvedimenti che hanno cancellato il diritto d’asilo e limitato la protezione umanitaria; c’è bisogno di farla finita con il lavoro sottopagato, profugo e clandestino; deve essere cancellata la condizione che costringe i migranti a dimostrare periodicamente di avere un lavoro, un reddito, una casa di una certa metratura.Noi non possiamo attendere fiduciosamente le misure del governo nuovo. Noi diciamo a gran voce che l’unica vera discontinuità con le politiche di Salvini e dei suoi predecessori è la rottura del legame tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro. Noi sappiamo che la vera discontinuità è l’iniziativa collettiva delle e dei migranti per farla finita con la legge Bossi-Fini e il suo mondo. È il momento di osare per avere una vita migliore.