Alcuni giorni fa due richiedenti asilo a cui il Comune di Bologna aveva negato l’iscrizione all’anagrafe, e dunque la residenza, hanno finalmente ottenuto che questa discriminazione finisse. In seguito a una sentenza emessa dal Tribunale di Bologna, infatti, il Comune è dovuto tornare sui propri passi e riconoscere che è legittima l’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo. Questo fatto dà ragione alle centinaia di donne e uomini migranti che hanno manifestato contro il razzismo e lo sfruttamento lo scorso 6 aprile a Bologna ed è una loro vittoria.
Nel percorso di assemblee che hanno portato alla mobilitazione, infatti, i migranti hanno denunciato a gran voce il comportamento di quei comuni che, pur dicendosi antirazzisti a parole, hanno smesso di registrare all’anagrafe le e i richiedenti asilo in seguito ai diktat del ministro della paura Matteo Salvini, amministrando il razzismo senza battere ciglio. Per mesi, il Comune di Bologna ha risposto alle proteste delle e dei migranti affermando che questa era la legge. Donne e uomini migranti hanno dimostrato che non è così e ora ne abbiamo la conferma: non solo la legge, ma anche la sua applicazione da parte dei Comuni è sbagliata e razzista. Non solo: negare la residenza significa esporre le donne migranti non solo al ricatto di essere private dei diritti più elementari ma anche a quello della violenza.
Forti di questo risultato ottenuto a Bologna, non va però dimenticato che anche altre amministrazioni – tra cui quelle di Modena e Cesena, ma non solo in Emilia Romagna – hanno deciso di applicare le direttive di Salvini in questo modo, e oggi sono molti i e le richiedenti che si trovano senza residenza a causa della crociata del governo contro i migranti e della sua silenziosa accettazione da parte dei Comuni. È perciò importante sottolineare che questa sentenza vuol dire che tutte e tutti i richiedenti asilo hanno il diritto alla residenza, non solo a Bologna, come dimostra anche un’analoga sentenza del Tribunale di Firenze. Siamo perciò sicuri che il ministro della paura cercherà in ogni modo altre vie per creare problemi ai migranti. Per questo chi si dice oggi soddisfatto di questa sentenza, come il sindaco Merola, dovrà dimostrare questa volta con i fatti, e non con vuote parole, che il Comune di Bologna non è un semplice amministratore silenzioso del razzismo istituzionale. Chi vuole opporsi a Salvini non può essere complice del suo razzismo.
In questo come in altri casi non si tratta di rispettare la legge o no, ma di essere dalla parte del razzismo di governo o contro il razzismo di governo. Non accettiamo il rispetto della legge e di direttive esplicitamente razziste come alibi. Per questo, anche se oggi possiamo essere contenti di questo risultato ottenuto a Bologna, la nostra lotta non si ferma: continueremo la mobilitazione finché in tutti i comuni non finirà la discriminazione della residenza per le e i richiedenti asilo e per ottenere quello per cui abbiamo manifestato il 6 aprile, contro i dinieghi, lo sfruttamento e il ricatto del permesso di soggiorno.