Finalmente, oggi, sulla stampa nazionale è arrivata la notizia della segregazione di Mahmodi Ali sulla nave Fantastic che lo riportava in Italia. Il nome della nave è già un programma, ma ancora non spiega come sia possibile che un migrante tunisino di 35 anni sia obbligato da 5 giorni a viaggiare tra Palermo e Civitavecchia, in attesa che la stessa nave torni sabato 12 aprile a Tunisi. Mahmodi Ali ha vissuto e lavorato per 10 anni a Modena. Poi la legge Bossi-Fini e la crisi gli hanno fatto perdere il posto di lavoro e quindi il permesso di soggiorno, rendendolo clandestino. La sua vicenda attuale non è quindi una storia di ordinaria burocrazia. È una storia di ordinario sfruttamento e del conseguente rigetto della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno. A essere rigettato indietro non è però un documento, ma lui stesso, la sua vita spesa a Modena, i suoi contributi versati allo Stato italiano, la sua migrazione come scelta coraggiosa di cambiare la sua esistenza. Mahmodi Ali non è prigioniero di un errore e nemmeno il protagonista di un paradosso. Mahmodi Ali non è un film che diventa realtà. Mahmodi Ali viene trattato secondo le regole. Purtroppo le regole sono l’esercizio pratico del razzismo delle istituzioni italiane ed europee. La vicenda di Mahmodi Ali non è una storia allucinante, ma il frutto dell’allucinazione di chi vuole importare essere umani, per poi rigettarli quando non ne ha più bisogno. Liberare Mahmodi Ali dal labirinto in cui è stato rinchiuso, impone a tutti di smetterla con le buone intenzione e con lo sdegno a buon mercato. Liberare Mahmodi Ali significa riconoscere la rilevanza politica generale dello sfruttamento dei migranti. Liberare Mahmodi Ali impone di farla finita con la Bossi-Fini in Italia e in Europa.