Noi non siamo schiavi: interviste integrali a Rachid, Chabil, Brahim, Bouchaib, Abdul, Charity, Mustafà, Mourad #bastabossifini

Ecco come promesso le interviste integrali realizzate per il numero 26 di Senza Chiedere il Permesso. Per scaricare il giornale in formato pdf clicca qui

manifunilINTERVISTA A RACHID, lavoratore UNILOG (Anzola)

Cos’è cambiato nel tuo luogo di lavoro dopo lo sciopero del 22 e la manifestazione del 23 marzo?

Ora abbiamo più coraggio, abbiamo visto che uniti possiamo far sentire la nostra voce contro il padrone e contro la legge Bossi-Fini. Stiamo aspettando di sederci al tavolo per il rinnovo del contratto. Con il SI Cobas continuiamo a portare avanti la vertenza. Ma se la trattativa va male, torniamo ai picchetti. Ma anche con un contratto migliore in mano, la Bossi-Fini resta una legge da cancellare. Non è possibile che tutta la mia vita dipenda dall’avere o no il lavoro. A maggior ragione in un periodo di crisi. Per colpa di questa legge noi migranti veniamo considerati come schiavi. Per non parlare del fatto che il rinnovo del permesso di soggiorno ci costa tanti soldi. E se perdi il lavoro, hai perso tutto. Non siamo venuti qui solo per lavorare per le cooperative.

Credi che la mobilitazione in massa dei migranti abbia convinto i tuoi colleghi italiani della necessità di lottare insieme contro la Bossi-Fini?

Ci sono degli italiani che lavorano da noi, anche capiturno. Neanche loro sono contenti della loro condizione di lavoro. Ma hanno paura di lottare. Ora però, dopo quello che abbiamo dimostrato, ci vedono come un modello e ci dicono che se la lotta va avanti con successo sono pronti a unirsi. Sulla legge Bossi-Fini inveve non capiscono che è una lotta non solo dei migranti, ma di tutti. Se io sono costretto ad accettare qualsiasi lavoro per rinnovare il permesso, ne va di mezzo anche il lavoro degli italiani.

Pensi sia possibile allargare il fronte della lotta, coinvolgendo migranti in luoghi di lavoro diversi dalla logistica e oltre i confini di Bologna?

Secondo me il fronte si può allargare. I migranti lavorano in condizioni pessime anche in altri settori, perché sono sempre sottoposti alla Bossi-Fini. Penso a chi lavora come metalmeccanico, per esempio. Io spero che le lotte che abbiamo fatto nella logistica possano servire a mostrare a tutti i migranti che non dobbiamo più stare zitti. In fondo, all’Unilog abbiamo preso coraggio perché abbiamo visto che i nostri compagni alla Tnt non accettavano più le condizioni imposte dal padrone. Penso anche che manifestazioni come quelle del 23 a Bologna devono essere fatte in altre città d’Italia. Dobbiamo costruire rapporti tra noi e manifestare in tutte le città dove ci sono tanti migranti: Brescia, Milano, Torino…e poi arrivare a Roma.

Come si può rilanciare in avanti il percorso comune del 22 e del 23?

Noi all’Unilog siamo disponibili e pronti a tutto. Forse perché non abbiamo niente da perdere, ma anche perché vogliamo decidere sulle nostre vite. Siamo pronti a tornare ai picchetti se non rinnovano il contratto, così come siamo pronti a costruire un percorso insieme con i migranti del bolognese e di altre città d’Italia per cancellare la Bossi-Fini. Assemblee, manifestazioni, momenti pubblici e, perché no, anche fare uno sciopero contro questa legge razzista. Questo è solo l’inizio, vedrete…

manifchabINTERVISTA A CHABIL, lavoratore UPS (Calderara)

 Cos’è cambiato nel tuo luogo di lavoro dopo lo sciopero del 22 e la manifestazione del 23? Hai notato una maggiore disponibilità da parte dei tuoi colleghi di lavoro a impegnarsi nella lotta contro il padrone e la legge Bossi-Fini?

Ci sono stati tanti cambiamenti..perché prima le persone avevano paura, la prima cosa è la paura di perdere il posto di lavoro, quando arrivava la busta paga qualcuno non la apriva neanche e pensava quello che c’è va bene perché tanto non si può fare nulla. Ora sono cambiate tante cose..se un responsabile chiede a qualcuno di fare un lavoro che non è in regola lui gli risponde che non lo fa, gli risponde senza neanche chiamare il delegato..se non è in regola non lo faccio. Vuol dire che abbiamo fatto un passo avanti, ora le persone controllano la propria busta paga. Prima se facevamo riunione con il presidente nessuno parlava, tutti zitti, solo i delegati parlavano, ora no ora parlano tutti, fanno domande, dicono se non sono d’accordo.. questo non è solo un passo siamo andati più lontano.

Credi che la mobilitazione in massa dei migranti abbia convinto i tuoi colleghi italiani della necessità di lottare insieme contro la Bossi-Fini?

Qui i colleghi italiani sono solo responsabili dell’azienda e fanno il doppio gioco..ma l’importante è che ora i lavoratori hanno imparato a dire no, basta una parola: no. Prima ti chiedevano di prendere un bancale pesante e pensavamo di non poter dire di no, invece ora diciamo «no non lo faccio» e loro capiscono che ci siamo svegliati. Ci vuole solo una parola: stop.

Pensi sia possibile allargare il fronte della lotta, coinvolgendo migranti in luoghi di lavoro diversi dalla logistica e oltre i confini di Bologna?

Dobbiamo giocare su tutta l’Italia perché la logistica è, mi sembra, l’80% dell’economia del paese, sulle gomme, vuol dire che se viene fermata la logistica l’economia dell’Italia crolla. E capiscono subito. L’importante è che la gente ha incominciato a lottare, ci vuole un po’ di tempo perché tutti capiscano..perché prima c’era una malattia che tutti stavano zitti, ora però abbiamo fatto la manifestazione per il permesso, quello è un problema qua in Italia: se uno perde il posto di lavoro perde il permesso, non solo il suo, anche della famiglia. Vuol dire una famiglia in mezzo alla strada, non è questione di pagare l’affitto o le bollette, è anche questione del permesso perché senza permesso tu non conti niente. Un foglio vale la vita di una persona. Poi devi pagare 2-300 euro..tu vai a comprare la tua personalità invece questa non è una cosa giusta, la democrazia non c’è. Loro mettono la politica contro il lavoratore.. perché sono i lavoratori che mandano il paese avanti. Noi dobbiamo dire basta, perchè se non lo facciamo noi tutto il popolo starà zitto. Noi siamo uguali l’unico problema è la cittadinanza…che è un casino perché te la danno dopo 10 anni e devi portare tanti documenti, devi pagare..invece di pensare a dar da mangiare alla famiglia pensi ai documenti, cosa fai con i documenti? E se ti rimandano in un paese dove non hai niente? Non resta che rubare..ma la colpa è del popolo che è rimasto zitto..ora vediamo che tanti dicono stop.

Quale pensi debba essere lo sbocco politico di queste lotte? È possibile secondo te rilanciare in avanti il percorso comune del 22 e del 23 con uno “sciopero politico”? Come lo immagini?

Dobbiamo lottare di più, dobbiamo allargare la lotta, sul lavoro e sulla politica perché sono cose che sono insieme se parli di politica parli anche di lavoro perché la politica la fanno le leggi per il lavoro. Dobbiamo lottare per il lavoro e per la politica allo stesso tempo. Se lottiamo insieme per dire stop riusciamo a prenderci qualcosa.. perché come si dice, i diritti non vengono dati vengono presi, devi prenderteli per forza.. dobbiamo lottare di più come hanno fatto loro sulle nostre tasche, anche noi.. i soldi che guadagnamo non sono abbastanza.. dobbiamo lottare per mettere le mani nelle loro tasche finchè non sono vuote. Se non lo accettano sono loro che devono cambiare paese non noi.. se vanno via loro non fanno nessun danno. Siamo venuti qua per la democrazia e non abbiamo trovato niente. Qua come in Marocco dobbiamo dire basta e prenderci i nostri diritti. Perché dove il popolo è sveglio i diritti se li prende..

maniffollaINTERVISTA A BRAHIM, lavoratore SDA (Sala Bolognese)

Cos’è cambiato nel tuo luogo di lavoro dopo lo sciopero del 22 e la manifestazione del 23? Hai notato una maggiore disponibilità da parte dei tuoi colleghi di lavoro a impegnarsi nella lotta contro il padrone e la legge Bossi-Fini?

Veramente è cambiato tutto. Qualcosa stava già cambiando ma dopo il 22 è cambiato completamente e dopo il 23 la gente ha cominciato a pensare alla prossima manifestazione che faremo più grande.

Credi che la mobilitazione in massa dei migranti abbia convinto i tuoi colleghi italiani della necessità di lottare insieme contro la Bossi-Fini?

Abbiamo 4-5 italiani che lavorano qui con noi è anche loro hanno capito che la legge Bossi-Fini sta approfittando degli stranieri e dei lavoratori in generale.

Pensi sia possibile allargare il fronte della lotta, coinvolgendo migranti in luoghi di lavoro diversi dalla logistica e oltre i confini di Bologna?

Io dico che questo sta già succedendo perché a Bologna quel giorno, il 23, non eravamo solo da Bologna. C’erano da Modena, Parma, Ravenna, Imola ma anche qualcuno da Empoli, Firenze. Secondo me si sta già allargando e sta prendendo uno spazio sempre più grande.

Quale pensi debba essere lo sbocco politico di queste lotte? È possibile secondo te rilanciare in avanti il percorso comune del 22 e del 23 con uno “sciopero politico”? Come lo immagini?

Dobbiamo andare avanti. Questa manifestazione e gli scioperi sono stati al 50%, i prossimi saranno al 100% con tante persone, migranti e tutti quelli che hanno perso i loro diritti, e secondo me la prossima manifestazione che faremo si vedrà in tutta Europa mica solo in Italia…

manifbastaINTERVISTA A BOUCHAIB E ABDUL, lavoratori TNT (Bologna)

Cos’è cambiato nel vostro luogo di lavoro dopo lo sciopero del 22 e la manifestazione del 23 marzo?

Bouchaib: È cambiato il morale della gente nel posto di lavoro, tra i migranti. Queste giornate hanno alzato il morale dei lavoratori. I responsabili della Tnt, ad esempio, hanno paura dello sciopero adesso perché non si aspettavano che da un giorno all’altro i lavoratori migranti sarennero stati capaci di scioperare.

Abdul: grazie alla giornata del  23 molti migranti hanno capito cos’è la legge Bossi-Fini perché molti migranti non sapevano nulla di questa legge, che se perdi il contratto di lavoro perdi il permesso di soggiorno e ti mandano via al tuo paese d’origine senza né i tuoi contributi né la tua pensione, torni a zero. La gente ha capito il senso della legge Bossi-Fini e quindi il morale della gente è aumentato, la gente è consapevole. Nel posto di lavoro abbiamo portato il rispetto, la dignità, abbiamo portato tantissime cose che mancavano da tanti anni grazie allo sciopero. Adesso in Tnt a noi lavoratori ci rispettano di più perché hanno capito che la nostra forza è l’unione, siamo uniti quindi siamo forti. Possiamo cambiare qualsiasi cosa e le persone che si sono comportate male per tanti anni ora noi  possiamo buttarle fuori e dargli una lezione.

Credete che la mobilitazione in massa dei migranti abbia convinto i vostri colleghi italiani?

Bouchaib: da Agosto dopo l’inizio delle nostre mobilitazioni solo quelli iscritti ai Sicobas partecipano gli altri italiani no. Sono sempre gli ultimi a partecipare non so perché forse hanno paura non lo so. Però sono gli ultimi a partecipare alla lotta e allo sciopero nel senso che non li trovavi a davanti al cancello erano a casa, non erano in prima linea. Per quanto riguarda la Bossi-Fini sono d’accordo con la nostra lotta.

Abdul: in Tnt non ci sono tanti italiani ma loro sono solidali con noi fino all’ultimo perché sanno cosa abbiamo fatto. Hanno visto che abbiamo una nuova mentalità cioè quella che per avere devi protestare, perché se non parli e protesti non puoi aver i tuoi diritti. Abbiamo dato questa lezione.

Pensi sia possibile allargare il fronte della lotta, coinvolgendo migranti in luoghi di lavoro diversi la logistica e oltre i confini di bologna?

Adul: si e sono convinto che possiamo coinvolgere tantissime altre persone perché hanno visto cosa abbiamo fatto vedendo le foto su facebook e per questo ci hanno ringraziato per quello che abbiamo fatto.

Bouchaib: tutti adesso ci chiedono dove sta il Si-Cobas per iscriversi al sindacato. Vogliono dare una mano ad esempio andando a volantinare fuori l’azienda e spiegare quali sono i nostri diritti.

Come si può rilanciare in avanti il percorso comune del 22 e del 23?

Bouchaib: io ho già pensato a questa cosa e per me bisogna fare un giornale dove raccontare quello che abbiamo fatto, mettere i video e le foto,  fare volantini da portare nelle case delle persone, nelle moschee nei posti di lavoro. Attraverso la comunicazione dobbiamo far vedere cosa abbiamo fatto.

Abul: Noi siamo convinti di quello che facciamo e questo è un vantaggio perché ti permette convincere più facilmente tutti, poiché quello che facciamo è molto importante per noi e per la gente e le comunità straniere che verranno in Italia. La strada è ancora  lunga però ce la faremo di sicuro.

manifsdaINTERVISTA A CHARITY, lavoratrice SDA (Sala Bolognese)

 Cos’è cambiato nel tuo luogo di lavoro dopo lo sciopero del 22 e la manifestazione del 23? Hai notato una maggiore disponibilità da parte dei tuoi colleghi di lavoro a impegnarsi nella lotta contro il padrone e la legge Bossi-Fini?

Ci sono stati tanti cambiamenti. Ognuno fa quello che può, fino a dove può, non come prima che il capocantiere insultava, si arrabbiava. Ora stiamo bene, ma c’è un problema con i colleghi che non vogliono dare una mano, collaborare l’uno con l’altro. Pensano che siamo in pochi e dicono che è diventato difficile.

 Credi che la mobilitazione in massa dei migranti abbia convinto i tuoi colleghi italiani della necessità di lottare insieme contro la Bossi-Fini?

Nella mia cooperativa adesso gli italiani sentono le cose che diciamo… Le vanno a riferire. C’è uno che fa la spia: questa qua non vuole lavorare, lavora piano. L’ha fatto assumere un capo SDA. Fra di loro non so di cosa parlano.. Ma ormai, quello che dovevamo fare lo abbiamo fatto.

 Pensi sia possibile allargare il fronte della lotta, coinvolgendo migranti in luoghi di lavoro diversi dalla logistica e oltre i confini di Bologna?

Sì perché nessuno vuole soffrire, ognuno vuole avere la sua libertà.

 Quale pensi debba essere lo sbocco politico di queste lotte? È possibile secondo te rilanciare in avanti il percorso comune del 22 e del 23 con uno “sciopero politico”? Come lo immagini?

Dobbiamo parlare con gli altri lavoratori su come è cambiata la situazione e come sono ora i documenti, raccontare. È possibile fare una manifestazione più grande perché ora c’è interesse tra la gente. Vogliono sapere ‘chi ti ha aiutato, da chi sei andato?’ Dobbiamo far vedere la strada agli altri. Con la paura non si va avanti.

Quante donne ci sono nella cooperativa?

All’SDA siamo in due, io e mia cugina. Mi sono fatta male alla gamba e quando sono rientrata un capo SDA mi ha detto che dovevo stare a casa una settimana perché siamo troppi. Per le donne ora è tutto a posto, non abbiamo problemi. Prima sì, mentre ora, piano piano, ci ascoltano, parliamo con calma. Dopo che sono tornata a lavoro, mia cugina mi ha chiesto chi mi avesse aiutato. Sono venuta al Sicobas con mia cugina e 4/5 maschi . Il Sicobas ci ha mandato una lettera. Abbiamo iniziato e altri si sono aggiunti. Ormai ce l’abbiamo fatta!

manifmustINTERVISTA A MUSTAFA’, lavoratore TNT (Bologna)

Cosa è cambiato nel luogo di lavoro dopo il 22/23. Hai notato maggiore disponibilità da parte dei lavoratori a impegnarsi nella lotta contro il padrone e la legge Bossi-Fini?

Le cose sono cambiate da me perché tutti i lavoratori hanno preso parte allo sciopero. Tutti vogliono lottare per prendere i propri diritti. Certo, abbiamo ottenuto ancora poco. Ma il 23 è stato un momento di gioia per tutti, perché dopo aver sofferto per tanti anni finalmente siamo scesi in piazza per manifestare contro il ricatto del permesso di soggiorno. E sono sicuro che potremo farne altri e altri ancora. Garantisco che la prossima volta arriveranno ancora più persone a manifestare con noi. Noi abbiamo una dignità, per questo non è giusto che se perdi il lavoro perdi il permesso. Noi vogliamo la libertà per tutti i migranti.

Credi che la mobilitazione in massa dei migranti abbia convinto i colleghi italiani della necessità di lottare contro la legge Bossi- Fini?

I colleghi italiani hanno partecipato con noi. Alcuni ci hanno subito sostenuto inviandoci messaggi su facebook. Altri sono venuti anche in manifestazione. Altri ancora hanno detto che la prossima volta non mancheranno. Loro hanno capito che noi ci siamo fatti una famiglia qui, ma che se poi perdiamo il lavoro dobbiamo andare via e ricominciare tutto da capo. Tutto questo è assurdo. La prossima volta sono sicuro che verranno anche gli italiani a lottare con noi contro la Bossi-Fini.

Pensi sia possibile allargare il fronte della lotta, coinvolgendo i migranti in luoghi diversi dalla logistica? E oltre Bologna?

Sì, ci sono anche gli operai metalmeccanici che vogliono cominciare a lottare con noi. Anche perché la legge Bossi-Fini colpisce tutti i migranti, in tutti i settori. Il 22 e il 23 sono stati i primi segnali. La prossima manifestazione deve essere ancora più forte e deve coinvolgere anche altre città. Dobbiamo farne altre ancora. Noi vogliamo i nostri diritti. Noi paghiamo i contributi, paghiamo tanti soldi per rinnovare il permesso e se perdiamo il lavoro non abbiamo niente, anzi, ci cacciano dall’Italia.

IMG_0232INTERVISTA A MOURAD, lavoratore TNT (Bologna)

Cosa è cambiato nel luogo di lavoro dopo il 22/23. Hai notato maggiore disponibilità da parte dei lavoratori a impegnarsi nella lotta contro il padrone e la legge Bossi-Fini?

 Sì, i lavoratori sono felici di come sono andati lo sciopero del 22 e la manifestazione del 23. Con lo sciopero ancora non abbiamo raggiunto un risultato e resta ancora molto lavoro da fare: ed allora facciamo un altro sciopero! La stessa cosa per quanto riguarda la manifestazione del 23 perché ancora c’è la Bossi-Fini: allora facciamo un’altra manifestazione. Poi vorrei capire perché alcuni giornali hanno detto che il 23 eravamo 400 ed altri 3000. Ma tanto la prossima volta ne facciamo una più grande ancora!

Credi che la mobilitazione in massa dei migranti abbia convinto i colleghi italiani della necessità di lottare contro la legge Bossi- Fini?

Alla Tnt non ci sono molti colleghi italiani, però quelli che ci sono hanno compreso l’importanza della lotta per il permesso di soggiorno slegato dal lavoro ed alcuni hanno partecipato anche alla manifestazione del 23. In piazza c’erano anche gli studenti.

Pensi sia possibile allargare il fronte della lotta, coinvolgendo i migranti in luoghi diversi dalla logistica? E oltre Bologna?

Credo di sì, ad esempio ci stanno chiamando anche da altri stabilimenti, come la Tnt di Ancona. Anche loro sono interessati ad iscriversi al sindacato e a cominciare a lottare. Per quanto riguarda le altre categorie, siamo stati recentemente contattati anche dai metalmeccanici, come ad esempio gli operai Adlas (Bentivoglio). Anche loro vogliono unirsi alle nostre lotte.

Quale pensi debba essere lo sbocco di questa lotta? E’ possibile secondo te rilanciare in avanti il percorso comune del 22 e 23 con uno sciopero politico? Come lo immagini?

Rispetto al percorso cominciato il 23 l’obiettivo resta sempre quello di eliminare la Bossi-Fini. Fondamentale è eliminare anche i costi del permesso di soggiorno, davvero eccessivi. Altro punto è quello di dare la cittadinanza subito ai nostri figli. Noi non vogliamo soldi dallo Stato, però ci viene sempre chiesto di pagare. Noi non vogliamo più pagare per restare. Per quanto riguarda lo sciopero politico, speriamo di poterlo fare. Ci dobbiamo provare. La prossima volta spero che saremo molti di più. Spero che saremo così tanti che anche il governo del Marocco si accorgerà di quello che ci succede in Italia e di quello che stiamo facendo.

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