E’ on line il numero 25 di Senza Chiedere il Permesso, il foglio periodico del Coordinamento Migranti Bologna e Provincia. In questo numero:
- Lottare per cosa? – Oggi che il permesso di soggiorno sembra non servire più a niente, cosa vuol dire la lotta contro il razzismo istituzionale? L’editoriale, p. 1
- Le richieste dei migranti – Mentre altri tacciono, ecco cosa il Coordinamento Migranti è andato a dire a Questura e Prefettura, p. 2
- Noi non ce ne andiamo! – La posizione dei migranti dopo l’incontro con Questura e Prefettura, p. 3
- STRIKE! – Dalla lotta dei lavoratori al magazzino IKEA di Piacenza l’invito a lottare insieme contro lo sfruttamento. Intervista ad Arafat, p. 4
Scarica il giornale e leggi subito l’editoriale:
LOTTARE PER COSA?
Sembra che oggi il permesso di soggiorno non serva a niente. Con questa crisi economica il lavoro scarseggia. Chi lavora, viene pagato meno e accetta salari più bassi pur di difendere il posto. Pagare l’affitto, le bollette, mandare i figli a scuola, anche fare la spesa è diventato difficile. Così tanto che a volte ci chiediamo: in tutto questo, a che cosa ci serve il permesso di soggiorno? La sanatoria che si è chiusa il 15 ottobre doveva servire per regolarizzare tante persone, ma solo in pochi l’hanno fatto. È vero, le condizioni erano difficili e tutto costava molto caro: si è trattato ancora una volta di un provvedimento che ha avvantaggiato solo i padroni e che è servito a risanare i conti in rosso dell’INPS e dello Stato. Ma forse, dopo tante truffe, è anche il caso di dire: a che cosa serve ottenere un permesso con la sanatoria, investire tutti i soldi che uno ha per avere quel permesso, per poi perderlo la prima volta che andiamo a chiedere il rinnovo? A che cosa serve, se poi non basta nemmeno un lavoro, ma te lo tolgono se non hai il reddito sufficiente, come succede già a tanti? Il ricatto del permesso di soggiorno ora non passa più soltanto attraverso il lavoro, ma anche per il reddito: Questure e Uffici Stranieri approfittano dell’impoverimento causato dalla crisi per restringere sempre più la possibilità di rinnovare il permesso.
Sembra che la crisi colpisca tutti in modo uguale, ma quasi cinque milioni di migranti in Italia fanno i lavori peggiori e guadagnano, per lo stesso lavoro, molto meno dei loro colleghi italiani che non dipendono da un permesso di soggiorno. Quei lavori, anche se c’è la crisi, dalle fabbriche alle case fino alle campagne, servono per mandare avanti l’economia dell’Italia e dell’Europa. Noi migranti subiamo la crisi e le politiche del governo come tutti: ci considerano buoni solo per essere sfruttati o pagare i contributi. Con il ricatto del permesso di soggiorno, però, ci hanno costretto in questi anni a fare lavori pessimi e pagati male, altrimenti ci toglievano tutto. Anche se nessuno ne parla, rischiamo ancora di essere deportati o rinchiusi in un CIE, se non abbiamo i documenti in regola. Mentre noi lottiamo per avere questo pezzo di carta, per colpa di quello siamo sempre ricattati. Il permesso di soggiorno è questo ricatto che divide i lavoratori migranti dagli altri. Spesso siamo divisi anche tra di noi. Tutti abbiamo lo stesso problema, ma lottiamo per risolvere la nostra situazione e ci dimentichiamo che non è personale.
Ma allora è proprio vero che il permesso di soggiorno non serve a niente? No! Tutto questo è successo anche perché in Italia, come negli altri paesi europei, la condizione dei migranti è legata a un pezzo di carta. Separare chi dipende da un permesso di soggiorno dagli altri si chiama razzismo istituzionale. Per colpa di questo razzismo, noi siamo considerati diversi, delle volte proprio come dei nemici, solo perché la legge dice che abbiamo bisogno di un permesso di soggiorno. Ma da questa situazione non ci hanno guadagnato i lavoratori italiani: per anni dicevano che il peggioramento delle condizioni era anche colpa dei migranti, che accettano tutto. Oggi invece è chiaro che non è così. Gli unici che ci hanno guadagnato sono stati i padroni, perché prima ricattavano i migranti, poi hanno finito per ricattare tutti, tagliando salari e licenziando. Noi contro tutto questo abbiamo lottato e ci siamo fatti sentire. Quasi sempre però sindacati, associazioni e movimenti sono rimasti a guardare, come in questa sanatoria: a parole hanno detto che non andava bene, che i criteri erano troppo restrittivi, che il costo era eccessivo, ma poi non hanno fatto niente per cambiare davvero le cose, limitandosi ad offrire aiuto e informazioni nella compilazione delle domande.
Come in questi ultimi dieci anni, quando i diversi governi hanno costruito il regime della Bossi-Fini, non hanno capito che il razzismo istituzionale non è un problema solo dei migranti. O forse pensano che il razzismo e le sue leggi siano una cosa normale, da accettare e gestire, che al massimo possono essere denunciate inserendole in fondo alle piattaforme sindacali o politiche: ancora oggi, negli annunci di scioperi e manifestazioni contro il governo che, senza troppa convinzione, provengono da più parti, sindacati e movimenti si dimenticano dei migranti. Noi vogliamo che questo silenzio finisca per l’interesse di tutti: precari, operai e studenti. Non possiamo più tollerare che nessuno parli della nostra condizione! Le lotte dei migranti sono le lotte di tutti!
Di fronte al silenzio di chi non vuole sentire la nostra voce, vogliamo dire con chiarezza: basta farci dividere dal permesso di soggiorno. Proprio nella crisi, quando sembra che non serva a niente, dobbiamo lottare insieme perché il ricatto finisca. Il permesso di soggiorno non può e non deve dipendere dalla situazione economica e dai padroni. Non si tratta solo di solidarietà, non abbiamo bisogno di assistenza. Al contrario: solo lottando insieme, migranti e non, potremo cambiare le cose e vincere.