Questa mattina in centinaia hanno partecipato al presidio indetto dalla comunità senegalese con il Coordinamento Migranti Bologna in solidarietà con i morti e i feriti di Firenze e contro il razzismo istituzionale che quotidianamente produce intolleranza (foto). Tante le presenze, comprese quelle di esponenti politici e sindacali che oggi sono in piazza a piangere i morti, ma poi non hanno il coraggio di fare le conseguenti scelte politiche. Anzi, sono gli stessi che pensano che i CIE si possano umanizzare e che non li mettono in discussione né in parlamento né fuori. Gli stessi che fingono ancora di credere che le migrazioni si possano regolare con degli accordi bilaterali o sanatorie mascherate. Quelli che quando per la prima volta in Italia c’è stato uno sciopero contro la legge Bossi-Fini lo hanno chiamato sciopero etnico. Oggi in piazza i migranti e chi ha aderito all’appello lanciato qualche giorno fa, hanno detto altro: hanno detto che non può esserci antirazzismo se non si smantella il razzismo istituzionale che rende tutti i migranti sempre ricattabili. E’ questo che rende tutti più precari e nella crisi economica alimenta l’intolleranza. Ai migranti non servono le lacrime di coccodrillo di chi li considera sempre come dei deboli da compatire. I migranti oggi in piazza ancora una volta sono stati protagonisti: questa mattina a Bologna, in queste ore a Firenze e in altre città italiane e a Dakar. Nella capitale senegalese una manifestazione spontanea, composta anche da molti senegalesi emigrati in diverse parti del mondo, ha tentato di protestare davanti all’ambasciata Italiana in Senegal, bloccati dalla polizia hanno occupato un convegno sull’immigrazione organizzato dal governo. Dopo essersi collegati in diretta con il presidio di piazza Nettuno, in queste ore sono ancora in piazza cercando di aggirare i blocchi della polizia: molti di loro conoscono l’Italia e sanno che gli omicidi di Firenze avvengono in un contesto dove i migranti sono considerati per legge uomini e donne che possono essere espulsi dopo anni di lavoro in Italia per la mancanza di lavoro. Uomini e donne che possono essere rinchiusi nei Cie praticamente senza alcun diritto. A Bologna, come a Dakar e Firenze, i migranti prendono oggi parola per denunciare come il razzismo quotidiano passi prima di tutto dalle file alle questure, dalla mancanza di documenti, dal ricatto sui posti di lavoro. Chi si stupisce oggi dell’intolleranza è ora che capisca che essa nasce quando i migranti sono sempre considerati muti, incapaci di parlare se non per chiedere aiuto. Oggi in piazza nessuno ha chiesto aiuto, ma tutti hanno detto che è ora di finirla con il razzismo, a partire da quello della Bossi-Fini e dei CIE. A queste voci si è aggiunta la denuncia della comunità Congolese, che ha raggiunto piazza Nettuno in corteo contro la situazione politica nel paese, chiedendo libertà e democrazia.
È ora di finirla con l’atteggiamento di chi si dice antirazzista e continua a non voler ascoltare ciò che i migranti dicono e fanno nelle loro lotte. Questo è il razzismo italiano da cui si legittimano movimenti e discorsi che, nella crisi e economica e nella precarietà diffusa, soffiano sul fuoco della paura e dell’intolleranza.
Coordinamento Migranti Bologna e provincia