I migranti della logistica come mafiosi. Ci avrà pensato a lungo il presidente della Lega Coop Emilia Romagna, Giovanni Monti, prima di arrivare a un paragone così brillante. Come la mafia, sostiene Monti, i facchini disturbano gli affari delle coop emiliane attraverso «pratiche di illegalità». Non solo: i facchini «prendono di mira la cooperazione e il sindacato», che, nelle fantasie di Monti, garantiscono lavori dignitosi, sicuri e qualificati. Forse in Lega Coop c’è un gran senso dell’umorismo, di sicuro però non c’è il senso del ridicolo. Come è possibile altrimenti non vedere da che parte stanno le cooperative? Come è possibile non vedere che esistono cooperative che licenziano i lavoratori che scioperano, che falsificano le buste paga, che non rispettano gli accordi presi davanti al prefetto e non versano i contributi. Eppure, è anche grazie a queste pratiche che le cooperative possono fare profitti, con l’appoggio di sindacati silenziosi e collaborativi. È questa collusione tra cooperazione e sindacato in nome del lavoro a basso costo che le lotte dei migranti stanno mettendo in luce: da qui la difesa accalorata del presidente di Lega Coop del sistema che rappresenta. Da tempo i migranti della logistica stanno mostrando che esiste un altro modo di fare sindacato, che attacca gli interessi del padrone con la lotta sul luogo di lavoro. Al tempo stesso, stanno mostrando anche che dietro la legalità c’è il potere. Un potere che dispone di pratiche tutte perfettamente legali. Sono le pratiche del razzismo istituzionale, che permettono ai padroni delle coop di sfruttare “legalmente” i migranti attraverso il ricatto del permesso di soggiorno. È a questa “legalità” che i migranti hanno detto no: la vostra cooperazione non la farete sulla pelle dei migranti.
Coordinamento Migranti